Se c’è qualcuno, nella storia del metal, che non ha ricevuto i giusti riconoscimenti in termini di riscontro di pubblico, questi sono senza ombra di dubbio i
Voivod, geniale combo canadese sempre troppo avanti coi tempi, talmente geniali che, appunto, i metal kids li anno sempre un po’ snobbati. Il che, da un certo punto di vista, è stato anche un bene, perché li ha sempre fatti rimanere con i piedi per terra, e soprattutto non li ha mai portati a snaturare il proprio sound, continuando imperterriti a pubblicare solo ciò che realmente volevano suonare, incuranti del fatto che con molta probabilità anche la loro nuova pubblicazione sarebbe stata capita da pochi.
Come se ciò non bastasse, il gruppo ha avuto anche una sfortuna ancora più grande, e cioè quella di perdere, nel 2005, la mente del gruppo, nonché chitarrista e fondatore, Denis “Piggy” D’Amour, per un cancro al colon. Con la sua morte il metal ha perso forse uno dei personaggi più geniali di sempre, nonostante la notizia non abbia avuto tanto clamore come per altri suoi sfortunati colleghi (vedi Dimebag Darrell o Chuck Schuldiner). Dopo la sua scomparsa i suoi vecchi compagni hanno ritenuto opportuno dare alle stampe alcuni demo suonati dal chitarrista stesso, ripulendoli a livello di sound, ed arricchendoli con l’inserimento di basso, voce e batteria, come estremo tributo al lavoro ma soprattutto all’arte del compagno scomparso. È così che hanno visto la luce “Katorz”, nel 2006, e questo “Infini”, che segna il sigillo definitivo alla carriera del gruppo, in quanto contiene le ultimissime canzoni composte da Piggy.
Inutile dire che, come sempre successo per i Voivod, si tratta dell’ennesimo capolavoro, eclettico, geniale, schizoide. E tutto questo nonostante si senta che alcuni brani sono incompleti, che si tratta spesso solo di bozze. Ma forse è proprio per questo che vanno apprezzati ugualmente, o forse anche di più, immaginando cosa sarebbero potuti diventare se solo il loro creatore avesse potuto finire di lavorarci su… Non manca nulla del trade mark della band… come sempre troverete riff spezzati, tempi dispari, melodie malate e tutto quanto, in quasi trent’anni di carriera, ci ha portato ad amare il gruppo canadese. Inutile sottolineare come sia ancora una volta sopra le righe il lavoro svolto da Michel “Away” Langevin dietro le pelli, così come da brividi, per i vecchi fan della band, la prova vocale di Denis “Snake” Bélanger. Continuo a non capire come mai non sia stato Jean-Yves “Blacky” Thériault ad occuparsi delle parti di basso invece del buon Jason Newsted, ma tutto sommato poco importa. L’ex Metallica ha svolto senz’altro più che bene la sua parte, anche se resta un fattore di secondo piano rispetto al lavoro di chitarra di Piggy, come sempre geniale e personalissimo.
Questa volta preferisco non proporvi un track by track, perché “Infini” è un album, come tutti gli altri della band, da ascoltare nella sua interezza. Il livello qualitativo dei singoli brani è pressoché identico, quindi non ci sono highlights, né filler, qui stiamo parlando di canzoni cerebrali che ti trasportano in un altro mondo, quel mondo alieno che siamo stati abituati a visitare fin dai tempi di “Killing technology”, “Dimension hatross” o “Nothingface”. “Infini” merita di avere il giusto riconoscimento, sia per la qualità dei brani presenti, sia perché è l’epitaffio di un piccolo grande genio che ci ha lasciati troppo presto.