Per chi ha presente i precedenti lavori di questa band svedese sarà facile capire che la principale differenza con il nuovo album, sta nella copertina di "Lightbringer", tanto luminosa quando erano cupe quelle di "Sudden Impact" (2004) e "Forced Entry" (2005).
La musica, l'attitudine, i risultati, sono invece sempre gli stessi: Heavy Metal.
Una bordata metallica che prende il via, veloce, rabbiosa e ... priestiana, subito dopo l'intro "Crushing the Dwarf of Ignorance" (quasi più lungo il titolo del pezzo stesso), con schegge ottantiane come "Lightbringer" o la marziale "In Victory", dove i
RAM rivelano influenze che vanno dai Manowar ai Mercyful Fate, con i danesi che vengono poi richiamati anche nelle linee vocali di "Awakening The Chimaera", dove fanno capolino anche degli azzeccati passaggi in growl.
Ma i principali punti di riferimento per Oscar Carlquist (peraltro decisamente migliorato) e soci restano i Judas Priest, ma direi anche i Metal Church (sopratutto quelli del periodo con Mike Howe), che ritroviamo su pezzi come "Blood God", "Ghost Pilot (MI II)", "Titan" e "The Elixir".
Mostra invece maggior personalità (o meglio delle influenze più varie), la lunga "Suomussalmi (the Few of Iron)", con i sui toni dark ed epici dagli scatti nervosi che ce la consegnano come la canzone più avventurosa ma anche meglio riuscita dell'album.
Fuori moda (ma ne siamo poi davvero sicuri?)... ma completamente asserviti al True Heavy Metal.
Ed ora lo fanno pure meglio che in passato.
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