Se nei primissimi anni ’90 già ascoltavate metal ricorderete senz’altro l’esplosione del death, con l’uscita di capolavori assoluti del genere. Da una parte la scena svedese, con Entombed, Grave, Unleashed, Dismember, dall’altra quella americana, più ricca di grandi nomi (per lomeno da un punto di vista quantitativo…), con Death, Morbid Angel, Obituary, e via dicendo… Nel marasma generale, e tra le decine di uscite discografiche dell’epoca, è possibile che vi sia sfuggito l’esordio dei
Resurrection, band di Tampa, Florida, tanto per cambiare… Originariamente pubblicato dall’allora imberbe Nuclear Blast, dopo il recente come back dell’anno scorso con l’album “Mistaken for dead” per la Massacre Records, proprio quest’ultima decide di rispolverare i master originali per dare nuova vita ad un album davvero ottimo, che ha avuto l’unica sfortuna di essere letteralmente soffocato da capolavori delle band prima citate, usciti proprio nello stesso periodo. Era il 1993, e “Embalmed existence” aveva tutte le carte in regola per competere ad armi pari con dischi usciti in quello stesso periodo come “Covenant”, “The end complete” o “Stillborn”, per citarne giusto alcuni, ma come spesso accade in questi casi, un po’ di sfortuna e una serie di circostanze particolari non ti permettono di sfondare e volare in alto come gli altri. Eppure l’album merita tantissimo, pieno zeppo com’è di marciume death metal, di riff assassini, di rallentamenti morbosi, di una prova da manuale di Alex Marquez, session member dietro le pelli, e grazie alla solita produzione perfetta dei Morrisound Studios ad opera del mitico Scott Burns. Last but not least, la copertina dipinta dal mitico Dan Seagrave… Come vedete gli ingredienti c’erano tutti, e brani come la titletrack o l’opener “Disembodied” lo dimostrano pienamente. Stilisticamente l’influenza dei Morbid Angel, ma soprattutto degli Obituary, si sente parecchio, specie nei rallentamenti di cui parlavo prima, che rendono l’album vario e dinamico, e sia per il modo di cantare del singer Paul Degoyler, che molto prende da John Tardy, soprattutto per la metrica (non il timbro, badate bene, inimitabile…). E ai nostri non mancava neanche una più che discreta tecnica. Non stiamo parlando di techno death metal, ovviamente, ma pur non arrivando agli eccessi e alla perfezione di gruppi come Pestilence o Death, i nostri si difendevano più che bene, aggiungendo ai brani qua e là quei passaggi più ‘raffinati’ che li distinguevano dalle band grezzone che giravano all’epoca. In definitiva questa ristampa ha permesso di rivalutare un nome a suo modo comunque storico di quegli anni, che ha esordito con un piccolo grande classico passato ingiustamente in secondo piano. Una gioia riascoltarlo dopo tanti anni, una sorpresa per i più giovani di voi che magari non avevano mai sentito nominare la band. Concludo con qualche dato tecnico e una curiosità: la Massacre Records ha aggiunto in questa ristampa i primi due demo tape del gruppo, ma ha escluso, a sorpresa, la cover di “War machine” dei Kiss. La curiosità è che ogni brano è introdotto dalla voce narrante di Mark the storyteller, che nelle bonus track ha anche un paio di momenti di gloria con due tracce esilaranti e quanto meno anomale. Il perché di queste introduzioni? Bisognerebbe chiederlo ai ragazzi dei Resurrection, ma è senz’altro una particolarità quantomeno curiosa…
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