Copertina 7,5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2009
Durata:non disponibile
Etichetta:My Kingdom Music
Distribuzione:Masterpiece

Tracklist

  1. DEAD INSIDE
  2. WITHIN THE REALMS OF HUMAN AWARENESS
  3. WINGLESS
  4. SUFFERING
  5. DENIED
  6. LIVIN' IN A COLD LIE
  7. ONCOMING APOCALYPSE
  8. ENGRAVED FLESH
  9. THE PARASITE'S CURSE

Line up

  • Diego Laino: vocals
  • Sossio Aversana: guitars
  • Alessandro Mormile: guitars
  • Salvatore Silvestre: bass
  • Raffaele Pezzella: drums

Voto medio utenti

I napoletani Symbolyc giungono al debutto sulla lunga distanza con questo “Engraved Flesh”, disco autoprodotto, sebbene pubblicato dalla My Kingdom Music.
Come è facile immaginare dal moniker della band, che rimanda ad un epocale disco dei Death, e al titolo del disco, ci troviamo di fronte ad un platter di violento e brutale death metal.
L’iniziale “Dead Inside” ci porta subito sulle coordinate di un sound massiccio, potente, in cui è la sezione ritmica a farla da padrone, dettando il ritmo di quello che sembra un vero e proprio tributo di sangue agli dei del Death Metal che qui, per espressa ammissione della band, si chiamano Decapitated, Vader e Behemoth, alias la crema della scena estrema polacca.
Proprio l’assimilazione della lezione di matrice polacca permette alla band di creare un suono dove il leit motiv principale è la dinamicità, con continui cambi di tempo e di ritmo, a loro volta spezzati da assoli che sono solo il preludio ad rinvigorito assalto sonoro.
Stupisce la buona qualità e del suono e del songwriting, anche se un maggior intensità non guasterebbe. Ad esempio la terza canzone, “Wingless”, se non fosse giocata su sull’alternanza up e mid tempos, potrebbe tranquillamente relegarsi nel “nulla di che” o del “già sentito”, salvandosi la band grazie ad un “mestiere” inaspettato.
Ciò che sto dicendo è che a questo disco, paradossalmente, pur essendo potente e violento, mancano stacchi ferali di brutalità, di quella vera, proprio alla Decapitated o Behemoth. Non che siano necessari in un disco come questo, ma alla fine la loro mancanza si sente, e sarebbe stata in grado di fare la differenza tra un disco discreto/buono quale è questo, ed un disco ottimo.
Tuttavia, come ho già accennato, non si può non lodare l’elevata qualità media del songwriting della band, capace di fondere l’impatto con la tecnica, che certo non difetta ai cinque deathster partenopei.
Quello su cui si può lavorare è una migliore amalgama dei diversi momenti all’interno di una canzone, laddove spesso i cambi di tempo si avvertono nitidamente, perché sono quasi macchinosi, e penso a “Suffering” o alla successiva “Denied”.
In definitiva questo “Engraved Flesh” è un disco davvero piacevole di una band sorprendente, una band che deve solo capire che può spingersi oltre i propri limiti, per diventare grande, se non grandissima.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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