I presupposti erano parecchio intriganti.
Innanzi tutto, la denominazione,
Vitriol, ovvero l’acrostico di V
isita I
nteriora T
eraae R
ectificando I
nvenies O
ccultam L
apidem, uno dei celebri motti dell’alchimia rinascimentale, la cui traduzione è “Penetra nelle viscere della Terra e purificandoti troverai la pietra nascosta”, rappresentazione di una metafora che simboleggia il cammino dell’uomo all’interno del proprio
Io, per giungere, infine, a trovare la
Verità filosofica.
E poi, strettamente legato a quest’immagine, un concept-demo che narra la storia di
Conoscenza alla ricerca della sua amata,
Verità, in un viaggio ricco d’insidie e d’incontri (sotto forma di personaggi allegorici, come
Fede e
Follia), che alla fine porterà il protagonista a raggiungere la sua bramata diletta, non riuscendo, però, a capacitarsi fino in fondo delle parole che
Ella gli affida.
Un artwork abbastanza particolare e curato avvolge questa cronaca di un’indagine interiore e completa le interessanti premesse di un’opera impulsivamente fascinosa che per fortuna si conferma tale anche quando sottoposta alla fondamentale prova d’ascolto, in cui appare evidente una netta ammirazione sviluppata sia per i classici suoni del progressive settantiano (italiano ed inglese), sia una certa attenzione per la loro contaminazione con il metal, entrambe trattate attraverso una buona dote di temperamento e felici dotazioni tecnico-interpretative.
Un tocco significante d’inquietudine rievocante in qualche maniera atmosfere oscure e leggiadre di natura
gotico-pagana, accresce ulteriormente la forza di suggestione di composizioni che riescono spesso a temperare con notevole equilibrio questa sorta di crogiolo musicale sospeso tra
classico e
moderno, e grand’attenzione viene riservata alle linee vocali, che emergono variegate nelle modalità espressive (canti, narrazioni, sussurri, eterei vocalizzi, sovrapposti e alternati con pertinenza) e nei gradevoli accostamenti timbrici (che prevedono anche quello dell’ospite Alessia Scavingi, nei panni della Verità), in un quadro complessivo intensamente emotivo, vitale e sfaccettato.
Con una maggiore consistenza sonora (piuttosto buona, in ogni caso, la registrazione) e un pizzico d’ulteriore messa a fuoco nelle costruzioni musicali (certi passaggi aggressivi di “Devoured”, ad esempio, sembrano vagamente “forzati”), i Vitriol potranno veramente dire di aver perfezionato la loro personale ricerca artistica e creativa, già molto vicina alla compiutezza, offrendo, magari grazie ad un lungimirante mentore che n’amministri adeguatamente la resa e la diffusione, una ancor più credibile guida alle visioni irrazionali atavicamente insite nell’essere umano.
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