“From Afar”, nuova fatica dei finlandesi
Ensiferum è un album decisamente facile da recensire. Non c’è molto da dire, infatti… Se siete amanti della band o delle sonorità da essa imbastite amerete questo cd dal primo ascolto. Se invece siete un po’ stufi di ascoltare album triti e ritriti vi incazzarete non poco quando arriverete alla fine del cd. Perché tutto ciò? Perché gli Ensiferum hanno partorito il classico lavoro formalmente perfetto, ma privo di reali spunti di interesse. L’album è ottimamente prodotto, ha un suono cristallino e potente, nitido, che risalta tutti gli strumenti, in particolare la batteria. È suonato in maniera impeccabile, e contiene anche una decina di ospiti che arricchiscono il sound della band con strumenti atipici per la scena metal, quali flauti, mandolini, nyckelharpa, e via dicendo. Quello però che realmente manca è il vero valore aggiunto, quella melodia che ti colpisce e si insinua nel tuo cervello, quel refrain assassino che non lascia feriti. “From Afar” è troppo un album di mestiere per risultare vincente. Per carità, il disco si fa ascoltare tutto d’un fiato, ma alla fine non ti resta molto, se non un’oretta passata a scapocciare sulla doppia cassa, quasi sempre a mille, di Janne Parviainen. E se è vero che non mancano le classiche storie sui vichinghi, così come non manca la tipica copertina epicissima (e molto ben disegnata) del tipico vichingo nella terra dei ghiacci, è altrettanto vero che il viking metal ha passato giorni migliori grazie a band come Amon Amarth, Enslaved o Unleashed, o, senza scomodare nomi troppo illustri, i più recenti Turisas. “From Afar” suona come una sorta di Children Of Bodom più epici, o come una sorta di Rhapsody più incazzati, e non bastano alcuni intermezzi orchestrali a risollevarne le sorti. Ripeto, album carino, ma ben lontano dall’essere una pietra miliare del genere. Per dovere di cronaca segnalo, come brani migliori del lotto, la spedita titletrack, l’epica e lunghissima (ben 11 minuti) “Heathen throne”, la più lenta e riflessiva “Smoking ruins” e “Tumman virran taa”, brano ‘a cappella’ dalle tinte molto folk e tradizionali. Un album onesto, sicuramente, che piacerà molto ai più giovani e agli amanti dei paesi scandinavi, ma anche un album che ti lascia l’amaro in bocca per quello che sarebbe potuto essere se la band avesse osato un tantino di più… Ad ogni modo il voto in calce è meritato...
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