Ed ecco che sul finire del 2009 arriva la terza bomba power dell'anno, dopo i capolavori di
Savage Circus e
Cain's Offering: i francesi
Heavenly, confermando il salto di qualità fatto con gli ultimi due albums "
Dust to Dust" e "
Virus", autentico masterpiece del 2007, da cui questo nuovo capitolo intitolato "
Carpe Diem" ed edito nuovamente dalla
AFM Records prende totalmente spunto e direzione musicale.
Oramai la band capitanata dal leader
Ben Sotto sa bene dove andare a parare, quali sono i suoi (tanti) pregi e (pochi) difetti, e quindi il power metal melodico dei nostri è decisamente uno spazio in cui gli Heavenly si muovono a perfezione, poggiando specialmente sui cori e sulle armonizzazioni, sulle belle e classicheggianti melodie, ed ancora una volta in più ricordando i
Queen di
Freddy Mercury e Brian May, che questi transalpini dovevano amare letteralmente alla follia, data la volontà di assomigliargli sempre più, il tutto in una chiave power assolutamente fantastica, gioiosa, grintosa e con la voce di Ben sempre più sugli scudi per intensità, estensione ed altezza, anche grazie a delle linee vocali che la sanno esaltare al meglio.
Non mancano gli episodi più grintosi ed aggressivi, che facevano la loro apparizione anche sul precedente "
Virus": è il caso dell'opener che è proprio la title track "
Carpe Diem", un bel concentrato di potenza (per pochi secondi può sembrare di ascoltare un brano thrash!) e melodia, che mette in luce anche una produzione assolutamente brillante e cristallina, che non fa rimpiangere i bei tempi dei
Fredman Studios negli anni d'oro del power di 10 anni fa, così come non mancano ovviamente le classiche Heavenly-songs, più ariose e veloci, ritmate e coinvolgenti, come l'ottima "
Lost in Your Eyes" e la stupenda "
Full Moon", anche se in questo caso i
Sonata Arctica e
Toni Kakko in particolare non c'entrano nulla, visto che nel disco precedente quest'ultimo era presente come guest.
Nota a margine per le immancabili ballads, da sempre pezzo forte del combo parigino (vive in noi immortale il ricordo di quella "
The Angel", tratta da "
Sign of the Winner" del 2001), sopratutto con la teatrale "
Farewell", in cui viene totalmente sviscerata la loro idolatria per i Queen, con tanto di parti magniloquenti e pianistiche che non potranno lasciare indifferenti tutti i patiti di queste sonorità e lo stesso accade in "
A Better Me", non una ballad in senso stretto ma molto simile per struttura e sensazioni a "
The Silence" dei
Gamma Ray era
Ralph Scheepers.
Chiudono la velocissima e classica "
Ashen Paradise", che si segnala per uno splendido assolo su una base di doppia cassa modalità elicottero alla
Dan Zimmermann e l'epica degnissima conclusione di "
Save Our Souls", intramezzate da "
Ode to Joy", ovvero l'inno alla gioia di
Ludwig van Beethoven che sarà pacchiana, sarà tamarra ma ragazzi miei, quanto gasa!!! Immaginate i
Gamma Ray ai tempi d'oro, quelli di
Somewhere Out in Space ed avrete una vaga idea di cosa siano oggi questi parigini.
Sempre più sù, sempre più in alto, ennesimo disco pazzesco per gli
Heavenly che giunti a questo punto non devono più inseguire i grandi nomi del power, persi tra i loro problemi di continuità, di songwriting o di line-up (leggi
Stratovarius, Gamma Ray, Blind Guardian e moltri altri...), ma possono guardare in basso, forti e fieri del loro power metal sempre più altisonante e regale.