Che voi ci crediate o no, le ultime dichiarazioni di Anselmo in merito a Superjoint Ritual sono state: “This is the band I always wanted to be in”… che dite, non trovate che siano parole abbastanza significative? Bene ora sapete cosa aspettarvi da ‘A Lethal Dose Of American Hatred’: sangue, sudore e pura violenza sotto forma di songs decisamente Hardcore Metal oriented, di quello buono, vero, ove l’attitudine Punk è ancora viva e pulsante, in piena filosofia con la Storia targata Black Flag, Agnostic Front, The Ramones, Cro-Mags, Discharge e compagnia bella. Questo platter colpisce subito per l’assalto frontale senza troppi fronzoli, così ‘Sickness’ (una song perfetta per traghettare il precedente ‘Use Once And Destroy’ su questi nuovi lidi) apre il platter, evidenziando ancora un mood derivativo dai Pantera, per poi passare alle songs più taglienti e up tempo, come ‘Waiting For The Turning Point’ o la anthemica ‘Dress Like A Target’. ‘The Destruction Of A Person’ propone sonorità un pochino più Doom e sabbathiane (l’amore per Ozzy e soci non è mai stato nascosto dai vari componenti dei SR), su cui svetta un Anselmo superlativo nella sua rabbia compressa, così come ‘Personal Insult’ risulta marcatamente Metal nel suo groove iniziale, per poi trasformarsi in una traccia-tributo agli Slayer! Delirio e mera potenza per la stilettata di ‘Never To Sit Or Stand Again’, mentre le ritmiche ‘Core/Punk sono ancora alla ribalta su ‘Deaththreat’, prima di incanalare il finale della song su tematiche prettamente Metal Core. Assolutamente imperdibile è ‘Permanently’, un’esplosione Thrash di brutalità e di lancinante dolore: puro acido vetriolico! Altro giro, altro regalo per ‘Stealing A Page Or Two From The Armed And Radical Pagans’, perfetta per identificare un nuovo genere… il Doom Core! ‘Symbol Of Nevermore’ è forse la song più sperimentale del platter, giocata su intrecci noisy delle chitarre, supportate da un bass riffing ipnotico e decisamente paranoico, che poi si sviluppa in un perfetto mid tempo oscuro spudoratamente sabbathico; la seguente ‘The Knife Rises’ dopo un’intro piuttosto “old”, piazza subito un ritmo molto groove e molto moderno in concezione, tirando il freno a mano sul chorus, seccamente panterato… ‘The Horror’ piazza un ulteriore tassello Hardcore nel puzzle di ‘ALDOAH’, mentre la conclusiva ‘Absorbed’ è tutto giocata sull’alternarsi di spoken words ed improvvise accelerazioni. ‘A Lethal Dose Of American Hatred’ non è sicuramente un album innovativo (e non ha la pretesa di esserlo), ma è dannatamente pericoloso: ti entra dentro, ti shakera dalla prima all’ultima nota e ti mette di fronte una band fottutamente aggressiva, che ti mostra il collo senza paura, con irriverenza e straordinaria fermezza. Preparatevi per lo scontro, il nuovo capitolo targato Superjoint Ritual è una dichiarazione di intenti, un’arma acuminata, una bomba di pura e semplice adrenalina. Anselmo (è inutile nasconderci, il quid in più è la sua voce), Bower, Bond, Hank e Fazzio hanno dimostrato, ancora una volta, di essere sempre gli stessi: quei vecchi ragazzacci se vogliamo un poco buzzurri, ma sempre, costantemente genuini. Superjoint Ritual, una splendida conferma per una band vera che sarebbe un peccato sottovalutare.
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