Piccolo aneddoto personale datato 2003: entro in un negozio di dischi della mia città, del quale non faccio il nome, e mi accoglie un commesso barbuto che sfoggia orgoglioso la t-shirt degli Smashing Pumpkins. Gli chiedo cortesemente se è già disponibile il nuovo CD dei
Deep Purple. La risposta è un secco no.
Insisto, domandando quando è previsto l'arrivo sugli scaffali. "
Spero mai, è ora che si ritirino". Faccio questo folkloristico preambolo semplicemente per ricordare ai meno anziani, oppure ai più smemorati, che il classic (hard) rock non ha sempre goduto del favore degli astri. E se oggi un nuovo album dei Deep Purple, con relativo tour di supporto, vengono accolti entusiasticamente, lo stesso non si può certo dire allo scoccare del nuovo millennio.
"
Bananas" giunge a ben cinque anni di distanza da "
Abandon", e risulta un album "storico" soprattutto perché trattasi del primo lavoro della band privo di
Jon Lord. Il sostituto, quasi naturale, vista la sua militanza nei
Rainbow di
Ritchie Blackmore, non può che essere
Don Airey, tastierista solido e con un'esperienza che ben pochi altri possono vantare. Basterebbe anche solo l'intro di "
Mr. Crowley" di
Ozzy per farlo entrare nel gotha dei più grandi.
Tornando a "Bananas" e soprassedendo su una copertina al limite dell'indecente, bisogna sottolineare che, allontanatesi le due colonne portanti del gruppo fin dalla notte dei tempi (
Blackmore e
Lord, of course),
Gillan si sente un pò nella posizione di agire da padre/padrone. Non vorrei esagerare sostenendo che l'album sembra più il frutto di un suo sforzo solista che non un lavoro sotto il banner Deep Purple, ma di sicuro trattasi dell'episodio più song-oriented dell'intera epoca
Steve Morse.
Alcuni esempi? Sicuramente l'opener "
House Of Pain", con quel riff quasi street rock, che sicuramente avrebbe fatto inorridire Ritchie Blackmore: ma anche il groove di "
Razzle Dazzle", le melodie beffarde di "
Picture Of Innocence", tipiche del songwriting di Gillan, ed una title-track in cui l'armonica accompagna le strofe del vocalist inglese, irrorandole di caloroso blues. Il primo singolo "
Haunted" è una ballad crepuscolare e struggente che, per quanto vicina al pop, sciorina una maestria compositiva vicinissima alla perfezione. Peccato che la band non riproponga più questo gioiello in ambito live, anche perché sarebbe cucita su misura per le potenzialità espressive, non certo illimitate, del Gillan attuale. La stessa scelta di
Michael Bradford come produttore (compare anche nei credits di alcuni brani), un personaggio molto più affine al mainstream che all'hard rock, si rivela in realtà il nome giusto per un disco con queste caratteristiche più "easy".
Personalmente ho sempre considerato "Bananas" come il corrispondente (con Gillan) di "
Slaves And Masters", fatte ovviamente le debite proporzioni temporali; anche perché nel 2003, l'AOR è ormai diventato una lontana utopia in vista di un possibile e massiccio airplay. La forma-canzone tra "Bananas" e "Slaves And Masters" suona dunque diversa, tuttavia la voglia di apparire più orecchiabili è molto simile. "
Walk On", tanto per citare uno dei titoli migliori dell'opera, vede Gillan e soci cimentarsi in una solenne esercitazione "
Dire Purple" o "
Deep Straits" che dir si voglia, con Steve Morse che sembra immedesimarsi senza problemi nei panni di
Mark Knopfler. Ricordate "
In The Gallery", dal primo omonimo "Dire Straits"? Ci troviamo stilisticamente da quelle parti. "
Sun Goes Down" e "
Silver Tongue" sono le due tracce maggiormente consequenziali al passato, con sprazzi del synth di Don Airey che ricordano da vicino alcune geometrie di "
House Of Blue Light".
Nonostante un'accoglienza al limite dello scandaloso da parte di una stampa prona ed asservita ai nuovi potenti di turno, "Bananas" vende abbastanza bene, e raggiunge addirittura il terzo posto delle classifiche tedesche. Vedere ancora oggi i Deep Purple primeggiare nelle classifiche di mezzo mondo, al di là della qualità quasi sempre superiore dei loro dischi, è la vittoria del classic rock contro qualsiasi avversità mediatica.