Complesso. È questo il primo aggettivo che mi viene in mente per definire il settimo album da studio dei
Thrice, band proveniente dalle fredde terre del Maine, nel nordest degli Stati Uniti. Andando a spulciare qua e là nei trascorsi del gruppo, appare subito chiaro che la direzione intrapresa da
Beggars ha poco a che vedere con quanto prodotto finora: siamo infatti di fronte a un disco maturo e intimo, che plasma a proprio piacimento un rock moderno e accattivante.
Tutto è chiaro fin dall’opener,
All The World Is Mad, che catapulta l’ascoltatore in un universo sonoro dove nulla è scontato. La track successiva non fa altro che confermare la prima impressione, grazie alle sue melodie urlate e sofferenti, mentre con
Circles il ritmo rallenta per mostrare il volto più riflessivo dei Thrice.
Doublespeak si sviluppa invece su una ritmica saltellante, con continue accelerazioni. La successiva
In Exile, insieme a
The Great Exchange, rappresentano gli unici veri passi falsi dell’intero lavoro, mentre
At The Last torna ad alternare momenti quasi punk e pregevoli trip sonori. Atmosfere cupe e tormentate per la ballad
Wood & Wire, che introduce al pezzo più arrabbiato di tutto il disco,
Talking Through Glass, che evoca passaggi di zeppeliniana memoria grazie al lavoro della sezione ritmica. L’album si chiude con la title-track
Beggars, ballad che si arricchisce di suoni e colori a poco a poco, fino a sfociare in un finale psichedelico.
Un disco di classe, che necessita di diversi ascolti e può essere apprezzato solo da chi è in grado di aprire la mente alla sperimentazioni sonore, senza farsi condizionare da primitive distinzioni di genere.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?