Copertina 7,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2009
Durata:37 min.
Etichetta:Metal Age Pro.

Tracklist

  1. ROT AMONGS US
  2. DEAD BEAT
  3. BULLET OF GOD
  4. PRIME CUTS
  5. HEADS ARE ROLLING
  6. ENTHRONED IN REPULSION
  7. ONLY LIVING WITNESS
  8. PLANET CORPSE
  9. ROADKILL
  10. THE INFECTION THEME
  11. BACKYARD GRAVEYARD

Line up

  • Max Marzocca: drums
  • Nicola Bavaro: vocals
  • Alyosha Danisi: bass
  • Domenico Mele: guitars

Voto medio utenti

Quando uno è caparbio nulla lo può fermare, lo sanno più che bene i Natron, che incuranti dei problemi di line up e con le case discografiche hanno continuato imperterriti per la propria strada, con cocciutaggine, aspettando il momento adatto per il come back. E il momento è arrivato, un paio di mesi fa, quando la Metal Age ha dato alle stampe il nuovo capitolo della storia del gruppo barese, questo “Rot among us”, quinto album ufficiale, che manco a farlo apposta esce a ben cinque anni dall’ultimo “Livid corruption”.
E vi dico fin da subito che l’attesa è stata ampiamente ripagata, visto che, almeno per quanto mi riguarda, il nuovo disco è il migliore mai inciso dalla band di Max e Domenico, unici due superstiti della formazione originale, nonché leader storici del gruppo. Perché è il migliore? Perché pur non avendo perso assolutamente la loro identità, ci sono delle piccole differenze stilistiche che alla fine pesano, positivamente, sul bilancio definitivo. Niente paura, però, i vecchi fan possono dormire sonni tranquilli, i riff arzigogolati di Domenico ci sono ancora, così come la batteria devastante di Max, ma si sono integrati i primi a riff di stampo quasi svedese (sto parlando della vecchia scuola, ovviamente, non preoccupatevi…), e la seconda a ritmi più lineari e diretti, quasi thrash, o comunque death old school, quindi tupa-tupa da headbanging al posto dei blast beat a prescindere, che comunque sono presenti in abbondanza. Insomma, tutto lo stile in genere si è discostato lievemente dal brutal death più cervellotico al quale c’avevano abituato, sposando soluzioni più immediate e d’impatto, creando un muro sonoro davvero micidiale. Il livello tecnico, quello si, è rimasto lo stesso, sempre elevato, anche nelle parti più semplici.
E cosa dire, invece, dei nuovi arrivi? Se l’apporto di Alyosha al basso è di tutto rispetto ma tutto sommato non abbastanza dissimile dal suo predecessore tanto da caratterizzare i nuovi brani, la vera novità sta nelle vocals di Nicola Bavaro, che già avevo avuto modo di apprezzare dal vivo. Il suo tono è decisamente differente da quello di Mike Tarantino. Da un lato è più vario, però dall’altro è anche un po’ meno particolare. Tutto sommato, però, si è inserito bene nello stile della band, a maggior ragione visti i cambiamenti stilistici di cui parlavamo prima, che si sposano alla perfezione col suo growl più profondo e meno aspirato.
Stilisticamente, quindi, l’album è una perfetta miscela di death metal old style (la titletrack o “The infection theme”), brutal death tecnico e intricato (“Enthroned in repulsion”, “Only living withness”), dove è di nuovo possibile ascoltare i riff contorti di Mele e i cambi di tempo repentini di Max, e parti più morbose e cupe (“Backyard graveyard”), e devo dire che la cosa funziona maledettamente, tant’è che anche in sede live (come vi ho accennato prima ho avuto modo di vederli pochi mesi fa e quindi di ascoltare in anteprima alcuni dei nuovi brani), i nuovi pezzi spaccano tutto e scatenano il pogo più violento e selvaggio.
Insomma, “Rot among us” ridisegna la band, ne riscrive le traiettorie, la rimette in gioco, presentandocela più in forma che mai, pronta a mettere di nuovo a ferro e fuoco l’Europa con i suoi concerti. Dire che i Natron sono la migliore realtà death metal italiana è scontato e anche riduttivo (non a caso sono loro i veri unici e soli ‘Godfathers of death’ del nostro paese…), ma a questo punto inizia a stargli stretta anche la dimensione europea, visto che non hanno assolutamente nulla da invidiare a tante band americane più osannate e famose più per loro terra d’origine che per il loro reale valore artistico.
È ora che i metal kids italiani si sveglino e si rendano conto di cosa hanno intorno, perché realtà come questa dei Natron non possono e non devono passare inosservate.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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