I
Crematory si ripresentano al pubblico dopo la delusione del precedente Prey, un disco non brutto ma fiaccato da un anonimato di fondo che non lasciava scampo, ed è strano parlare in questi termini di una band simile; nel bene e nel male (al di la dei gusti personali) hanno inciso e non poco nel panorama Metal e Gothic degli anni 90. Stavolta tornano con un album intitolato
Infinity, e per fortuna riescono a rimettersi in carreggiata, andando proprio a rispolverare quelle soluzioni stilistiche tanto care al più tradizionale del Gothic Metal. Ci sono ancora degli arrangiamenti che strizzano l'occhio all'elettronica, ma sono comunque marginali nell'insieme, caratterizzato in questo caso da riff di chitarra più dinamici e pesanti, e lo stesso discorso lo si può fare anche per le vocals che si rifanno avanti con il vocione rude e sporco di Felix, alternato ovviamente a quello più melodico e pulito di Matthias Hechler. Elasticità, dinamismo, e un marcato gusto per la melodia malinconica e oscura, questi in sintesi gli ingredienti che fanno di Infinity un disco piacevole che riporta i Crematory su livelli più che discreti, anche perchè credo sia impossibile per loro ripetersi agli ottimi livelli dei primi album. Suona tutto più tradizionale e spontaneo, come se il gruppo avesse deciso di rispolverare quegli elementi che nel corso degli anni 90 andavano per la maggiore, e mettendo in secondo piano le curvature più moderne e scialbe del precedente Prey. Con Infinity i Crematory non aggiungono nulla alla loro lunga carriera musicale, semmai si fanno rivedere dando un segnale di vita e spazzando via quella fastidiosa atmosfera di anonimato galoppante.
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