Può un disco essere
bello e inutile? Beh, stranamente la risposta è affermativa, soprattutto se il genere cui appartiene è ipersaturo (insomma, quasi tutti!), se esso si prefigge uno scopo “progressivo” poi disatteso (almeno nel senso più
letterale del termine) e se tale valutazione è data da qualcuno che pur apprezzandolo enormemente, non si ritiene un famelico consumatore dei suoi rappresentanti, talmente avido da bruciarli freneticamente come fossero “dosi” di un prodotto atto a placare la sua incontenibile brama di novità (e ne conosco almeno un paio di tali “figuri”!).
Ecco, “Zenith”, il terzo disco dei tedeschi
AtmOsfear può, almeno per quanto riguarda il sottoscritto, essere annoverato proprio in quella categoria degli album privi di difetti “formali”, ma anche in sostanza poveri di significato autentico, se non quello di perpetrare una pletora di (più o meno abili!) emuli, in un settore dove almeno la personalità nel “mescolare gli ingredienti”, dovrebbe costituire l’elemento “evolutivo”.
Il prog-metal del quintetto teutonico è tecnicamente eccelso, gli arrangiamenti, anche nelle sezioni più “cerebrali” (non troppo “esasperate”, comunque, compresa l’
inevitabile complessità della suite finale) mantengono intelligenza e attenzione, e anche il songwriting appare abbastanza ben congeniato, non scadendo mai nella noia, tuttavia non c’è nulla di vagamente “imprevedibile”, niente che non finisca per condurre alle strategie sonore dei maestri Dream Theater, Queensryche e Shadow Gallery, o al limite, dei loro ottimi epigoni Vanden Plas, tanto per rimanere in un comune ambito geografico.
Tutto da “buttare”, dunque? Nient’affatto, anche perché ai meriti già enunciati bisogna necessariamente aggiungere l’ottima prova interpretativa di Oliver Wulff (un singer che deve aver ascoltato parecchio il mitico Geoff Tate senza per questo esagerare nel tentativo di riproduzione!) e sono dovuti anche elogi alla pregevole produzione del disco, equilibrata e incisiva nonché, per concludere, alla sua suggestiva veste grafica, ma, sinceramente, nemmeno tutti questi importanti contributi supplementari m’inducono a consigliarvi l’acquisto di “Zenith”, salvo che non versiate in un periodo di “astinenza” da prog-metal o vi accontentiate di un Cd che, per l’appunto, non aggiunge e non toglie nulla ad un copione ampiamente sfruttato.
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