Rap militante cantato in italiano. I
Kutfaces scelgono questa strada per urlare tutto il loro evidente disgusto e disprezzo, verso la società contemporanea. Apologia della lotta contro lo Stato e contro chiunque la pensi diversamente, atteggiamento da guerriglieri metropolitani, sbirri e politica, religione e immigrazione, tutto viene giudicato in base ad un’ottica da centro sociale che non cerca dialoghi ma soltanto lotta armata.
L’aspetto musicale viene risolto in maniera sbrigativa ed essenziale, ciò che ha vera rilevanza sono le lunghe tirate verbali, infarcite di rime scolastiche e cori battaglieri da usare come inni nei concerti.
Per illustrare il tenore dei testi, riporto qualche stralcio: “…posso solo sputare ad una volante che mi vuole fermare. Quindi non giudicare quando mi vedi assaltare un blindato per vederlo bruciare…” o “..noi cuore anarcofunk da giardinetti, skate sui muretti e facce nere nei campetti..” ed ancora “..come è bello brindare quando è uno sbirro a crepare, e con gli amici aspettare la sua brutta faccia al telegiornale..”.
In aggiunta, criptiche allusioni a posse, family, Cpt, luoghi, date, che forse dicono poco a chi non è parte del ristretto giro anarco-metropolitano.
Inevitabile che al sottoscritto, lontano anni-luce da tale ambiente per motivi anagrafici (..e non solo..), tutta questa bellicosità generazionale assuma una dimensione molto adolescenziale. L’atmosfera da “ultimi dei moichani contro tutto il mondo” si ripresenta ciclicamente a distanza di alcuni decenni, con più o meno visibilità a seconda della situazione.
Comunque, al di là di considerazioni che esulano dal discorso musicale, credo che una proposta del genere possa fornire qualche emozione solo ad un esiguo ambito di giovanissimi.
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