Il 1980 è stato un anno cruciale per la nascita e lo sviluppo dell’heavy metal, e più in generale un anno particolare un po’ in tutti i generi di musica. Il punk era già in declino, e prepotentemente la new wave e il dark diventavano sempre più popolari. L’hard rock non se la passava troppo bene dopo lo sconquasso provocato dal punk nel ’77, ma un nuovo movimento era pronto ad esplodere di lì a poco. Sempre più frequentemente nelle strade londinesi (e non solo), e nei pub più fumosi e malfamati, nuovi assembramenti di giovani facevano la loro comparsa. Capelli lunghi, giubbotti di pelle, stivali, borchie e cinturoni, e soprattutto la stessa passione per quel nuovo tipo di musica che stava nascendo. Più o meno silenziosamente verso la fine della precedente decade erano state poste le basi ed ora la gente era pronta ad accogliere quello che da lì a poco diventerà uno dei movimenti più longevi (checché ne dicano pseudo critici più o meno musicali…) e variopinti della storia del rock.
Nonostante qualche vagito era già stato ascoltato precedentemente, è proprio il 1980 che viene universalmente riconosciuto come l’anno di nascita (o di rinascita, visto che per l’occasione verrà coniato il termine New Wave Of British Heavy Metal) dell’heavy metal. Iron Maiden, Tygers of pan tang, Diamon Head, Samson, Angel Witch, e naturalmente
Saxon, giusto per citarne qualcuno…
Il primo disco della band del South Yorkshire in realtà è del 1979, e prima ancora di questo “Strong arm of the law” il gruppo ha pubblicato un altro must che è “Wheels of steel”, ma ho scelto di analizzare proprio il terzo lavoro perché ritengo sia quello che meglio degli altri esprima lo stile della band, quello più maturo e meno ‘hard rock’ (anche se, come spesso accade, anche per gli Iron Maiden, per i primi lavori si parla di heavy metal più per l’attitudine e per le tematiche trattate che per un reale stile musicale, ancora molto legato ai canoni del decennio appena trascorso), quello che più degli altri due riesce a catapultarvi nel 1980, nella Londra nebbiosa e notturna di cui parlavo prima. Tutti e otto i brani presenti puzzano di cuoio e benzina e durante l’ascolto vi sembrerà davvero di trovarvi in una banda di motociclisti a bere birra e Jack in qualche pub di periferia, prima di scorrazzare di nuovo per la città nel pieno della notte
Cosa volete di meglio poi di un disco che si apre con “Heavy metal thunder”?? Più esplicito di così si muore… Il brano in questione penso entri assolutamente di diritto nella top ten dei brani manifesto del genere, un must assoluto che sprizza metallo nota dopo nota… Come per gli altri brani la struttura è estremamente semplice ma efficace, così come la taratura tecnica dei nostri è nettamente inferiore rispetto a quella di altri gruppi contemporanei, ma l’attitudine e la passione sono innegabili. Anche Biff non è certo un’ugola d’oro come tanti suoi colleghi, ma ha un timbro particolare e a modo suo unico, che caratterizza ogni brano della band. Comunque sia, sfido chiunque di voi a non aver mai canticchiato il famosissimo ritornello del pezzo… Capolavoro…
Con “To Hell and back again” il ritmo sale un pochino, e colpisce subito la strana metrica dei riff rispetto alla batteria, prima che tutto torni ‘a posto’ nel ritornello. Si torna ad un roccioso e cupo mid tempo con la title track, uno dei miei pezzi metal preferiti di sempre. L’atmosfera che riesce a creare il gruppo con questo brano è qualcosa di assolutamente stupendo e raramente si può parlare di heavy metal allo stato puro come in questo caso. Sempre riff semplici, ma talmente efficaci che difficilmente vi passerà per la mente di criticare l’eccessiva scolarità dei due guitar player e altrettanto difficilmente riuscirete a non cantare lo splendido ritornello o rimanere fermi sulla sedia. Se nel vostro sangue scorre metallo niente di tutto ciò sarà possibile…
Si rialza il tiro con “Taking your changes”, che si apre con un bel riff roccioso, prima dell’incipit melodico che precede il ritornello, come sempre classicissimo e penetrante. Da segnalare, così come negli altri brani, l’ottimo lavoro svolto in fase solistica dall’affiatata coppia Oliver/Quinn, che si dimostrano degni avversari di Tipton/Dowing o Murray/Smith, con i loro assoli alternati ed incrociati, molto melodici e metallici.
Ma uno dei must del disco sta per esplodere prepotentemente nelle vostre casse, e cioè “20,000 feet”. Grande riff iniziale prima che il pezzo esploda in tutta la sua violenza (ricordatevi che siamo nel 1980, quindi non aspettatevi attacchi brutali in stile thrash, ancora prematuri per l’epoca). Più che in altri brani qui è in evidenza la sezione ritmica, sicuramente non all’altezza di quella Harris/Burr, ma comunque rocciosa e precisa. Un arpeggio decadente apre “Hungry years”, altro mid tempo oscuro guidato dalla voce tagliente di Biff, in cui più che altrove torna alla luce l’aspetto hard rock della band, così come in “Sixth from girls”, dal sapore e dalle reminescenze vagamente AC/DC.
Con la conclusiva “Dallas 1PM”, invece, si torna prepotentemente nei sobborghi londinesi, con un brano lungo e mistico, ancora una volta vagamente oscuro, classica colonna sonora di un film ‘di strada’, i classici film con le faide tra gang e le scorribande notturne.
Questo è “Strong arm of the law”, un disco sicuramente più semplice strutturalmente rispetto allo strepitoso esordio dei colleghi Maiden, ma che indubbiamente farà la gioia degli amanti delle sonorità eighties. Se siete troppo giovani e in cerca di un sound moderno cercate pure tranquillamente altrove. Se invece vi interessa conoscere le basi del nostro genere e capire da dove sia partito il tutto date un ascolto a questo disco. Vi assicuro che non ve ne pentirete.