Per il terzo disco dell'era Tony Martin i
Black Sabbath pensarono a qualcosa di speciale, ad un concept basato sulla mitologia nordica, ecco quindi come si giustifica il titolo,
Tyr, palesemente ispirato ad un determinato tipo di cultura. Non è soltanto una questione di intrattenimento, la band si rese conto di poter sfruttare a dovere e con maggiore profondità l'ugola di Tony Martin e rispolverare fino in fondo una certa attitudine presente in un disco come Heaven & Hell. La formazione è affiatata da anni di collaborazione che ha permesso al nome Black Sabbath di risalire la china lentamente ma con costanza; certo i numeri che si facevano registrare a livello commerciale fino al 1983 sono un'altra cosa ma questo non influisce assolutamente sulla qualità esclusivamente artistica della loro musica, che anche nel peggiore dei periodi non è mai scesa al di sotto di un certo livello di guardia. Tyr è potente, roccioso, pieno di spunti melodici di grande livello, e qui cito
Anno Mundi,
The Sabbath Stones,
Valhalla ma soprattutto
Jerusalem, brano che forse si ricollega per alcuni versi a When Death Calls, con il suo ritornello epico e corale ovviamente di grande presa melodica. Generalmente Tyr è un disco curato sotto tutti i punti di vista, ma questo non dovrebbe stupire nemmeno tanto, c'è sempre l'estro creativo di Iommi dietro le migliori intuizioni, e già dovrebbe bastare a consigliarne l'acquisto e un attento ascolto, anche perchè è interessante notare come in ogni fase della travagliata carriera dei Black Sabbath alla fine si sia sempre trovata la quadratura del cerchio, cercando (e riuscendo) di adeguare lo stile alle nuove esigenze, ovviamente senza mai snaturarlo. Il decennio degli anni 90 si apre con forza e decisione quindi, grazie ad un album possente e poderoso, pieno di grande Hard' n Heavy di qualità che traghetta i Black Sabbath dell'era Martin direttamente nel cuore di tutti i fans sparsi per il globo.