Dopo l'assaggio in occasione dello studio report tenuto qualche mese fa, finalmente ho tra le mani nella sua completezza "You Die And I… ", terzo album per quei
Bejelit che, meglio metterlo subito in chiaro, realizzano un album vibrante ed entusiasmante, grazie ad un songwriting ed arrangiamenti ispirati e ad una performance da applausi da parte di Fabio Privitera, il quale, dopo la parentesi "Age of Wars", è tornato a riappropriarsi del suo ruolo di frontman.
L'affacciarsi su un Lago, anche se quello di Arona è probabilmente meno tetro di Bodom, potrebbe aver spinto i Bejelit a trovare ispirazione nella formazione di Alexi Laiho per l'opener "Rostov", sia per l'indirizzo lirico (è incentrata sulla figura del serial killer sovietico Andrej Chikatilo) sia musicalmente. Al di là di questo accostamento, si tratta davvero di un ottimo avvio, epico, energico e dinamico, con tanto di carillon iniziale.
Le canzoni scorrono via lasciando il segno, mettendo in mostra una varietà compositiva ed esecutiva che denotano la maturità raggiunta dai Bejelit, che, grazie anche alle doti di Privitera, sono in grado di mettere in campo un approccio drammatico e teatrale, talvolta quasi schizofrenico (vedi la stupenda "Saint From Beyond") o epico ed evocativo come nella conclusiva "Orpheo 10", che sembra abbeverarsi da quel vasto spettro musicale in cui si riflette il "Metal".
Un calderone che fa "grandi" schegge impazzite come l'affascinante "Astaroth", la devastante "Death-Row" (grandi orchestrazioni ed un piglio davvero brillante) o quella "Your Personal Hell" che se pure affonda le proprie radici nel Power Metal non ne rimane certo imbrigliata.
Le composizioni più semplici (ma non per questo ordinarie) si rivelano "2K12 Nails", la lenta "Goodnight My Shade" (a cavallo tra "The Price" e "Nothing Else Matters") e la cavalcata powereggiante "Shinigami", forse il brano più vicino, anche per contesto lirico, ai primi passi del gruppo.
Per la capacità di dare vita a brani emozionanti e mai banali, che corrono sempre sul filo del rasoio, mi verrebbe quasi da dire che i Bejelit hanno saputo cogliere il testimone dai migliori Angel Dust, quelli del grandissimo "Enlighten the Darkness".
Beh... ci tengo a concludere questa recensione ricordando che non solo hanno realizzato un gran bel disco, ma sopratutto ribadendo che i "Bambini di Arona" non sono certo una band ottantiana e che, anzi, guardano fieri al futuro!
...come here, do it, shut up and hear me!
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