Nel 1999 gli
Immolation sono chiamati alla prova del nove che, per tutte le bands, è rappresentata dal terzo disco.
Nel caso degli
Immolation la prova era ancora più dura e per due motivi. Il primo perché “
Failure For Gods” veniva dopo due capolavori, il secondo perché usciva in un momento storico dove l’attenzione del metallaro medio era rivolta verso altri generi che in quel momento andavano per la maggiore.
Tra la scelta di andare secondo la corrente e rimanere se stessi, i nostri scelgono la seconda strada, perché essere
Immolation significa essere superiori al 99% delle band esistenti su questo pianeta. Ed essere se stessi per gli
Immolation significa consolidare il sound dei primi due dischi, senza innovazioni di sorta, ma cercando di fare le proprie cose e di farle al meglio.
Le uniche novità su “
Failure For Gods” si chiamano
Alex Hernandez alla batteria, che non fa rimpiangere
Craig Smilovski, essendo persino un pelo più veloce e dinamico, e
Paul Orofino alla produzione, inaugurando un sodalizio che dura tutt’oggi.
Per il resto troviamo tutto quel avevamo lasciato su “
Here In After”, tutto quello di cui abbiamo bisogno, brutalità, oscurità, ferocia, velocità, intensità e densità di suono, attacchi di claustrofobia,
Bob Vigna e
Ross Dolan in stato di grazia.
E poi troviamo “
No Jesus, No Beast”, canzone simbolo della band con l’anthem che ancora oggi fa urlare la platea che ne affolla i concerti:
“Can you hear us? Death to Jesus!”
“
Stench Of High Heaven”, “
The Devil I Know” e “
God Made Filth” non vi faranno rimpiangere di esservi accostati a questo disco.
Il giudizio finale risente solo del fatto che questo disco è stato preceduto da due capolavori, ma è più simile a “
Here In After” di quanto questi non lo fosse a “
Dawn Of Possession”, e di per sé non sfigura, anzi, è un disco molto sottovalutato, perché, ripeto, qui c’è tutto, c’è il death metal, 100% NY Brutal Death Metal.
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