Copertina 7,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:40 min.
Etichetta:ZetaFactory
Distribuzione:Venus

Tracklist

  1. CHEWIN’ RAZORBLADES
  2. EQUAL TO 0
  3. MISSING
  4. LOVER
  5. MESSAGE TO JOLENE
  6. DAWN (I LEARN)
  7. ATTITUDE TO CRY
  8. YOU GOT PILLS, I GOT SPEED
  9. WORMHOLE+
  10. D.
  11. OVERTURE

Line up

  • Nicola Briganti: guitar, backing vocals
  • Cristian Ferrari: vocals
  • Carlo Alberto Morini: rhythm guitar
  • Gabriele Anversa: drums, percussions
  • Jacopo Montali: bass

Voto medio utenti

Già ampiamente apprezzati dal sottoscritto in occasione del loro debutto ufficiale “Self attack and all the following facts”, i Lena's Baedream ritornano con un disco alquanto maturo nei contenuti musicali e di spessore in quelli narrativi, realizzando un prodotto veramente intenso e pulsante nell’ambito di un rock che appare “moderno” senza ripudiare totalmente la tradizione, ricco di sfumature e sfaccettature, capace di non perdere in presa e immediatezza pur senza ricorrere a gratuite ruffianerie commerciali.
Un’introduzione così “perentoria” necessita probabilmente di qualche delucidazione supplementare ed ecco che cercherò di motivare brevemente in maniera più chiara questa impegnativa lusinga.
Cominciamo dall’aspetto concettuale: sotto tale profilo, basare il proprio lavoro sull’amore nelle sue varie forme e declinazioni, anche se supportati dalla parafrasi di una massima dell’autorevolissimo Platone (“L'amore è l’artefice di tutte le cose”), poteva diventare la più classica delle “armi a doppio taglio”.
L’amore è effettivamente una delle principali (pre)occupazioni del genere umano (anche solo per calpestarlo, violentarlo, criticarlo, …), soprattutto della categoria sociale dei “giovani”, tradizionalmente i principali consumatori del rock, e quindi se da un lato era evidente la volontà di trattare una materia diffusamente appassionante, dall’altro il rischio era di scadere nella mera banalità.
Il quintetto emiliano, invece, mi sembra (da quello che sono riuscito ad evincere ascoltando un promo privo di testi!) riuscito ad analizzare con personalità un fenomeno emotivo che alla fine pervade un po’ tutti (compresi i black metallers più irriducibili!), sviscerandolo nelle sue configurazioni (amicizia, sesso, distacco, morbosità, ossessione, …) attraverso credibili e vibranti istantanee.
Arrivati ad affrontare la questione squisitamente creativo-musicale, il concetto di personalità appena espresso trova la sua concreta legittimazione: non è facile gestire in maniera carismatica le molte influenze di un gruppo evidentemente assai “aperto” nelle sue passioni artistiche, ed è solo grazie all’intelligenza, al talento e alla cultura che il suddetto riesce a metabolizzarle, rendendole parte integrante di un suono piuttosto fresco e coinvolgente.
A suo tempo avevo nominato A Perfect Circle, Incubus, Muse, Flaw e Hoobastank, come plausibili riferimenti, e pur confermandoli anche oggi, essi risultano forse ancor più integrati in architetture soniche cangianti e mutevoli, in cui pure una componente di autoctono hard-rock (per referenze, ascoltare le progressioni di “Chewin’ razorblades”, un pezzo che evoca Faith No More, Tool, Led Zeppelin e Soundgarden!) può essere facilmente identificata tra pulsioni alternative-metal, barlumi elettronici, intensità (post)grunge e fugaci scorie di punk melodico.
Tra i brani a me più graditi cito senz’altro, oltre all’ottima opener, “Missing”, pregevole cover di Everything But The Girl (autorizzata dallo stesso Ben Watt, il chitarrista della band britannica che ha speso parole d’elogio per questa rilettura), “Lover”, uno strano caso di “vaporosa” profondità espressiva, i favolosi “Message to Jolene” e “Dawn (I learn)”, gratificati da saliscendi emotivi da brividi, seguiti a brevissima distanza da “Attitude to cry” e “D.”, due buonissime canzoni bilanciate tra slancio, tensione ed energia, nonché pregne di una notevole classe nello sviluppare la difficile arte dell’adescamento sensoriale.
In “Memo – love chronicles” ci sono belle melodie, intensità e un groove emozionale che colpisce … non vorrete trascurarlo solo perché i suoi autori sono (almeno spero!) più avvezzi al parmigiano che agli hamburger?
Eccellente conferma.
Recensione a cura di Marco Aimasso

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