Sono i dischi come questo “
Artificial” degli australiani Unitopia a riconciliarmi ancora con il mondo musicale, e a farmi dimenticare come la maggioranza delle bands “che contano”, ormai fanno i dischi a tavolino, solo per vendere qualche copia in più. In un album come questo, invece, trovate intatta e pura la passione di una manciata di uomini per la loro musica preferita, elaborata con pazienza, perizia ed un gusto decisamente invidiabile.
Prog rock moderno, ma intriso di quella musica che i Genesis seppero mettere insieme, “
Artificial” ricalca le orme del suo predecessore “
The Garden”, nell’offrirci delle composizioni belle e delicate, come un bocciolo di tulipano. Canzoni che vanno ascoltate più e più volte, per riuscire a penetrarle, farle proprie ed assimilarle come si conviene. “
Artificial World” è l’emblema di questo disco, prog nel senso più puro del termine, con la voce di Mark che ricorda molto da vicino quella di Peter Gabriel; il meglio di questo album è però espresso da un brano veloce e carico come “
Not Human Anymore” e la bellissima suite “
Tesla”, in cui i nostri si travestono da Alan Parson Project e tirano fuori dal cilindro una perla di tredici minuti e passa, stupenda nel suo alternare momenti lirici, stacchi strumentali da capogiro, riff potenti e delicate pennellate di colore. Il tutto suonato da una line-up a sette, in cui il sax e le percussioni fungono da meravigliosi comprimari per la costruzione di un sound unico, forse non immediato nella sua fruibilità, ma non per questo meno affascinante.
Complimenti ancora una volta agli Unitopia, una di quelle bands che meriterebbero di certo palcoscenici più degni. Gran bel disco, consigliato a chi ama i Transatlantic, i Genesis, ed il prog rock più raffinato e puro.
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