Copertina 7

Info

Genere:Prog Rock
Anno di uscita:2010
Durata:57 min.
Etichetta:ProgRock Records
Distribuzione:ADA

Tracklist

  1. THE DRUDGE
  2. GINI
  3. BEGINNINGS
  4. STRONG ARM WELFARE
  5. POSING FOR THE COLD
  6. THE BATTLE OF EGO
  7. AUTHENTICITY
  8. OPEN HANDS
  9. IN THE MIRROR
  10. THE NOW GAME
  11. FIELD OF VIEW
  12. COILED

Line up

  • Jeff Vaughn: drums, guitar, keyboards, backing vocals
  • Vince Buonassi: bass, guitars, keyboards
  • Chase Carter: vocals

Voto medio utenti

Un monicker tra i più brutti mai sentiti, i Vonassi (gioco di parole tra i cognomi dei due fondatori) provengono da Chicago, Illinois, patria del blues e di Obama (almeno a livello di formazione). Un trio dedito ad una strana commistione tra rock, hard, prog e funky, i nostri danno alle stampe il loro debut album, riuscendo a confezionare un prodotto interessante quanto eterogeneo, nel suo continuo mutare coordinate sonore e stilistiche.
Dal punto di vista strumentale è il basso effettato e nervoso di Vince Buonassi a dettare i ritmi, costruendo un sound spesso molto contaminato, tanto da ricordarmi a volte i Living Colour, cone nella bella “In the Mirror”. In linea di massima, i brani si muovono sui 4/5 minuti ( a parte la conclusiva “Coiled", che sfiora gli 11 minuti), cosa che li rende facilmente fruibili. Ciò non tragga in inganno: le canzoni di questo “The Battle of Ego” necessitano di ripetuti ascolti, trattandosi di un genere molto, molto contaminato ed influenzato da molteplici sorgenti sonore. Bella la potente “Strong arm Welfare”, in cui i Vonassi mi ricordano i mai troppo compianti Psychotic Waltz, o “Beginnings”, che regala stacchi batteria-basso di pregevole fattura. Una continua altalena tra un mood e l’altro ci riporta poi a sonorità più dirette e lineari, come nella title-track, dove i nostri tendono, ma solo quanto al chitarrismo, ad assomigliare ai Rush (cosa riscontrabile anche in “Coiled”). Ma la somiglianza finisce qui, poiché questo disco potrebbe essere più convenientemente accostato ai Porcupine Tree, per la sua vena disturbata ed introspettiva.

Un album non di facile presa, insomma; è certo che esordire con un simile disco attira molto l’attenzione, e di certo sembrano esserci le premesse per un buon futuro. Tutto sta adesso a saper cavalcare l’onda, visto che il genere qui proposto potrebbe progredire davvero in qualcosa di unico e di identificabile come trademark della band. Ah, a proposito: che senso ha mettere sul booklet il riferimento ad un sito ufficiale che non esiste???
Recensione a cura di Pippo ′Sbranf′ Marino

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