Il nuovo disco dei
RATT s’è presentato molto in sordina tra i miei ascolti. L’ho, infatti, inserito nel lettore più per noia delle “solite cose” che per reale interesse nei confronti di un gruppo discograficamente in naftalina da 11 anni.
Sarà per l’assenza d’attese nei suoi confronti, ma quest’album scorre via che è una bellezza, dimostrando una solidità complessiva invidiabile, soprattutto a fronte di un quartetto iniziale che pare uscire direttamente dai tempi d’oro della scena hard & heavy statunitense. Per capirci, sono di fronte a un lavoro che, una volta ascoltato, fa venire voglia di rimettere in cuffia un po’ tutti i classici del genere. A scanso d’equivoci, preciso che non parlo della consueta pubblicazione vintage da periodi di reunion. Infestation, infatti, pur facendo riferimento a una tradizione precisa è formato da brani “svecchiati” dalla ben bilanciata produzione di
Michael Baskette (che per i suoi trascorsi ha del miracoloso) e dallo stile di
Carlos Cavazo, che ha portato in seno al gruppo una ventata di US Metal di notevole valore, perfettamente in sintonia con la sezione ritmica precisa e mai monotona, valorizzata con grande maestria da
DeMartini, che non piazza mai un assolo fuori posto per tutta la durata del disco.
Considerando l’età anagrafica del gruppo si potrebbe andare a cercare il tallone d’Achille di quest’album nella voce di
Pearcy che, invece, non fa assolutamente una piega fornendo, anzi, il più tangibile collegamento con quel passato stradaiolo tanto caro al rock californiano della seconda metà degli anni ’80.
In conclusione, non c’è proprio alcun motivo per cui
Infestation non debba finire nella collezione di ogni amante dell’hard & heavy che si rispetti.
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