I
Bolt Thrower sono sempre stati un gruppo particolare: anche con l’arrivo del successo hanno sempre voluto essere padroni di tutto, dal merch alla distribuzione dei dischi fino alla programmazione dei concerti. Grazie anche a questo loro aspetto “caratteriale” di fai-da-te non sono stati pochi gli attriti con la
Earache: verso il 1995 arrivarono ad un punto in cui il gruppo e l’etichetta proprio si odiavano: i
Bolt Thrower non si sentivano nemmeno in minima parte supportati dalla
Earache, che in effetti voleva concludere il contratto con loro da un po’.
E così è stato, i
Bolt Thrower poco prima del 1997 si ritrovano senza etichetta. La
Metal Blade si fa avanti, accettando lo spirito DIY del gruppo, che “concede” all’etichetta solo di stampare, promuovere e metterli nei negozi i dischi, tutto il resto era sotto il pieno controllo della band.
Jo Bench, con cui ho scambiato qualche mail, porta avanti un’altra argomentazione: nel momento in cui la
Earache ha iniziato la collaborazione con Columbia cercava anche di attrarre un pubblico molto più vasto, puntando su videoclip molto costosi. L’indipendente etichetta discografica “da camera da letto” con cui avevano originariamente firmato un contratto era un lontano ricordo, e i
Bolt Thrower decisero di abbandonare l’etichetta estrema più importante di inizio anni 90. Etichetta che era d’accordo con loro e non si oppose a questa scelta. A questo punto dovrei scambiare qualche mail anche con
Digby Pearson per sentire la sua versione :D
Ma in questo periodo non è solo il cambio di etichetta a creare problemi al gruppo: non mancano delle importanti instabilità nella lineup.
Nelle interviste dell’epoca ai due chitarristi dicono che
Karl Willets era uscito dal gruppo perchè voleva studiare (non si sa cosa). In seguito lo stesso
Willets dichiarò che era uscito dalla band per vari motivi, tra cui anche il fatto che non era più tanto convinto di della direzione dei
Bolt Thrower in quel momento. Quest’ultima tesi mi è stata confermata dalla stessa
Jo nelle mail di cui parlavo prima: a Karl interessava un sound più “US rock oriented”. Per il tour promozionale di “
...For Victory” venne assoldato l’ex cantante degli
Asphyx e dei
Pestilence,
Martin van Drunen.
Van Drunen durò solo un paio d’anni e solo in sede live, e nel 1997 Willets fece ritorno all’ovile, ma solo per le registrazioni del nuovo album: “
Mercenary”. Subito dopo l’uscita del sesto album
Willets lascia il posto a
David Ingram, da poco uscito dai
Benediction, in seguito alla fallimentare pubblicazione di “
Grind Bastad” dello stesso anno.
Di problemi ce ne sono stati anche con il batterista:
Whale se ne andò perché si era stancato, specialmente dei tour, che per lui erano diventati una cosa di routine, in pratica non si divertiva più. Pare fosse interessato a gruppi rap come i
Gunshot.
Whale venne presto sostituito da un nemmeno maggiorenne
Martin Kearns, che proprio per la sua giovane età si “guadagnò” il soprannome di “
Kiddie”.
Kiddie deciderà di uscire dal gruppo prima delle registrazioni del nuovo album per motivi personali, probabilmente legati ai suoi studi. Il testimone passò (temporaneamente) ad
Alex Thomas.
Dopo tutto questo trambusto interno ed esterno normalmente non ci si aspetta un album fenomenale, anzi, spesso dopo questo tipo di instabilità viene pubblicato un album mediocre se non bruttino. E invece no. I
Bolt Thrower nel 1998 non hanno paura di ribadire che sono un gruppo con le palle quadrate e che sono armati fino ai denti!
Registrato ai
Chapel Studios e prodotto da
Ewan Davis, a Novembre 1998 esce "
Mercenary", che probabilmente è anche il disco più controverso della loro discografia.
Una delle principali accuse rivolte a questo disco è quella di essere troppo lungo, di non arrivare al punto, di avere delle lungaggini inutili ed evitabili e di presentare una band spompata e non al top. Ed effettivamente è vero, i
Bolt Thrower, come tantissime altre band, erano in un periodo in cui dovevano rinnovarsi in fretta e cercare di produrre qualcosa di fresco per riuscire a rimanere a galla nell’oceano di gruppi validissimi esordienti in quegli anni.
“
Mercenary” riprende si il discorso di “
...For Victory”, ma cerca anche di svecchiarlo ed evolverlo, purtroppo lo fa in maniera tale da dilatare ancora di più i tempi e aggiunge ancor più melodia. Sia chiaro, non è affatto un disco brutto o inascoltabile: è uno di quei dischi che ogni tanto ti fa guardare l’orologio e chiedendoti “quanto manca ancora?”.