Non credo di poter essere smentito se affermo che sono due, fondamentalmente, le band di riferimento (look e attitudine compresa) di chi ama il garage-rock, nella sua forma più depravata, divertente e selvaggia: Fuzztones e Cramps.
Rudi Protrudi è (stato?) il leader dei primi e dopo essere stato “sfiorato” dal successo commerciale, ha deciso comunque di continuare a dedicarsi a ciò che ha sempre fatto fin dalla fine degli anni sessanta, incendiare i palchi “minori” di mezzo mondo e sfornare vibranti dischetti di primigenio rock n’ roll.
La
missione si è realizzata anche andando ancora più indietro nella ricerca delle radici di quell’adorato suono, risalendo, dopo i
sixties omaggiati dai Fuzztones, fino all’immaginario
trash degli anni cinquanta, con un progetto di musica strumentale in cui egli stesso cambia il suo nome (“Link” è un atto di ossequio a Frederic Lincoln “Link” Wray, il “
re della twang guitar”) per onorare ancora meglio quel periodo e i suoi protagonisti.
Nascono così i
Link Protrudi and The Jaymen celebrati da questo generoso “Best of” licenziato dalla sempre competente Go Down Records, un lavoro pregevole per contenuti e veste grafica (molto bello e ricco d’informazioni e foto il booklet) in cui i cultori del genere troveranno esposta al meglio, solcando i tempi, le sfumature musicali e le line-up, la storia del gruppo e la capacità di Mr. Protrudi di far rivivere con convinzione, diligenza e brio, quelle sonorità che qualcuno ha conosciuto solamente per merito delle colonne sonore dei film di Tarantino.
Surf music, rockabilly, musica per striptease (i nostri si sono spesso esibiti in night-club e
localacci a luci rosse), sbilenche luci psichedeliche, motivetti orientaleggianti (realizzati con il contributo dell’organista e danzatrice “esotica” Misty Lane e ispirati agli album per “casalinghe” del tastierista indiano – o
fintamente tale, la questione è dibattuta - Korla Pandit, famoso negli USA intorno agli anni sessanta anche grazie ad uno show televisivo), vi porteranno in questo mondo gioiosamente dissoluto, fatto di procaci spogliarelliste uscite dai lungometraggi di Russ Meyer, di sgangherati burlesque, di gang di motociclisti, di camionisti ubriachi, di fumo e di sudore, il tutto ambientato in locali di dubbia fama, dove l’eventualità di una rissa (o di qualcosa di peggio … pensando a “Dal tramonto all’alba” di Rodriguez, tanto per rimanere in ambito
pulp) è
compresa nel biglietto d’ingresso.
Tra brani originali, cover e live-tracks, il recupero di una certa “cultura” popolare inscenato da Protrudi (uno specialista, in questo senso … qualcuno ricorda il suo excursus nel country denominato “It’s a white trash thing”?) e dai suoi Jaymen, rappresentato così bene da questo corposo Cd, è da considerare come l’atto di un talento autentico, uno splendido “perdente” che vive con il massimo della sincerità e del trasporto la sua passione per la musica che ama.
Da sostenere.
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