Copertina 6

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2010
Durata:76 min.
Etichetta:EMI

Tracklist

  1. SATELLITE 15...THE FINAL FRONTIER
  2. EL DORADO
  3. MOTHER OF MERCY
  4. COMING HOME
  5. THE ALCHEMIST
  6. ISLE OF AVALON
  7. STARBLIND
  8. THE TALISMAN
  9. THE MAN WHO WOULD BE KING
  10. WHEN THE WILD WIND BLOWS

Line up

  • Bruce Dickinson: vocals
  • Dave Murray: guitars
  • Adrian Smith: guitars
  • Janick Gers: guitars
  • Steve Harris: bass
  • Nicko McBrain: drums

Voto medio utenti

"Spazio, ultima frontiera. Questi sono i viaggi della nave stellare Enterprise. Diretta all'esplorazione di nuovi mondi. Alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà. Fino ad arrivare la dove nessun uomo è mai giunto prima".

In realtà, l'esplorazione musicale degli Iron Maiden si è fermata già da diverso tempo, e tornando a citare Star Trek, il nuovo album degli Iron Maiden, non sfoggia certo la spavalderia e l'irruenza di James T. Kirk, ma nemmeno la classe e l'ironia di Jean-Luc Picard o la spontaneità di Jonathan Archer.

Le premesse non erano delle migliori, sia per la diffusione dell'artwork d’ambientazione science fiction che avrebbe accompagnato "The Final Frontiers", sia per via dell'ascolto di "El Dorado", il primo singolo, quello con l'incarico di tirare la volata all'album.
Beh... messe le mani sulla Mission Edition del CD, ha poi preso il via un lungo viaggio attraverso l'ultima fatica di casa Harris, e si parte da lontano, con una lunga e tutto sommato superflua intro, "Satellite 15...", a preparare il terreno per "The Final Frontier", un pezzo robusto e catchy che ricorda l'ultimo Dickinson solista, mentre con la sterile e noiosa "El Dorado", il terzetto Smith/Harris/Dickinson sembra essersi sforzato nel cercare ispirazione dal periodo di "Piece of Time", con risultati purtroppo non così confortanti, anche perché la mano del produttore, ancora una volta quella di Kevin Shirley, tende ad adattarsi meglio alle composizioni dall'orientamento progressive, più articolate e meno dinamiche, e raramente riesce ad esaltare quel patrimonio di ben tre chitarre che i Maiden hanno in dote.
Su "Mother of Mercy", un mid-tempo intenso e passionale, riecco invece gli ultimissimi Maiden, mentre la successiva "Coming Home" è un lento non particolarmente originale ma che si segnala per un azzeccato lavoro alle chitarre ed una prova calda ed ispirata di Dickinson, il quale ci rimanda ad alcuni momenti del suo "Accident at Birth".
Un po' a sorpresa i nostri ci propongono poi una canzone scattante ed immediata, "The Alchemist", lesta a donare un apprezzabile sapore retrò al disco, quello stesso feeling che parrebbe trasparire dalle prime battute di "Isle of Avalon", con il basso pulsante di Harris a rivangare il passato, peccato che il tutto venga poi diluito a dismisura finendo con il perdere d'efficacia.
Un Dickinson ancora in grande spolvero, prima ammaliante poi incisivo, è il primo segnale che il nostro radar capta dalla "Starblind", una canzone articolata e dal gusto seventies ma con un bel taglio metallico, che si segnala tra le più riuscite. Ed è ancora il cantante a donare quel quid in più agli arpeggi che caratterizzano la prima parte di "The Talisman" che dopo un paio di minuti si incattivisce, mostrando il lato migliore degli ultimi Maiden.
Niente di eccezionale, comunque, così come "The Man Who Would Be King", che si muove su binari non troppo diversi, ma mostra poca personalità, dove incappiamo pure in un refrain non particolarmente riuscito, e finisce con il perdersi in alcuni passaggi azzardati, soprattutto nel break strumentale. Non che "When the Wild Wind Blows" apporti chissà quali novità: riecco gli arpeggi, le trame articolate ed i passaggi (alcuni già "noti") che si alternano nella canzone dal minutaggio più elevato dell'album, ma che si fa comunque ascoltare con piacere, per le melodie vincenti enfatizzate dal solito Dickinson e per un chitarrismo più incisivo del solito.

Se il nuovo millennio ha ri-visto gli Iron Maiden al top del successo, con una popolarità rinnovata in concomitanza con il rientro di Bruce "Prodigal Son" Dickinson, non sembra tuttavia coincidere con una fase creativa realmente ispirata, infatti, dopo gli ottimi "Brave New World" e (sopratutto) "Dance of Death", abbiamo assistito - e subito - prima lo scialbo "A Matter of Life and Death" ed ora un approssimativo "The Final Frontier".
Un disco poco ispirato, prolisso e spesso (auto)citazionista, ed anche se devo ammettere che temevo di peggio... l'appuntamento con i migliori Maiden è nuovamente rimandato, e per un gruppo di questa caratura venirsene fuori con un album solo "sufficiente" equivale ad una sonora stroncatura.

"Spock, è una canzone, non la deve analizzare!" (Dr. Leonard McCoy)
Recensione a cura di Sergio 'Ermo' Rapetti
The final frontier

xxx

poco ispirato

disco difficile... a tratti mi è anche piaciuto e a momenti l'ho pure esaltato, ma a freddo trovo che sia un disco uscito per il roto della cuffia... a parte le notevoli eldorado, starblind e talisman le altre sembrano composizioni un po pesanti,poco scorrevoli.

UN PO NOIOSO...

IO ADORO I MAIDEN MA TROVO CHE IN PARTICOLARE NEI LORO ULTIMI DUE ALBUM VI SIANO ELEMENTI PROGRESSIVE CHE NON MI PIACCIONO,L'ALBUM NON E' NEANCHE MALE PRENDENDO I PEZZI UNO ALLA VOLTA MA NEL SUO COMPLESSO RISULTA LUNGO E NOIOSO,INSOMMA ASCOLTATO DUE O TRE VOLTE POI NON LO ASCOLTI PIU' PER INTERO.IL PRELUDIO DI FINAL FRONTIER NON NE CAPISCO L'UTILITA',EL DORADO,MATHER OF MERCY E THE ALCHEMIST SONO BUONI PEZZI,COMING HOME IL PIU' BELLO DELL'ALBUM,DOPO COMINCIA LA NOIA...

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 03 gen 2011 alle 18:08

Ormai è chiaro che i Maiden non sono più una metal band, ma si sono trasformati in una prog-metal band.A me l' album piace : piacciono le intro acustiche, i temp idispari e sopratutto le parti "sussurrate" di Dickinson (in più momenti, mi ricorda il PeterGabrile dei Genesis). Adoro l' atmosfero di "When the windo blows" che, insieme a "Coming Home", reputo il miglio r pezzo. Grande accelerazione di "The Alchemist". "El Dorado" potevano toglierla, ma l' intro di "Satellite 15" è bella, diversa (al 30° anno di attività!!!! C' è gente che già dal secondo album è uguale a se stessa!). Certo, il meglio della carriera è andato e lo stile è cambiato (siamosicuri che avrebbe senso nel 2010 scrivere un pezzo tipo "The Prowler" ???), ma loro sanno ancora divertire. UP THE IRON!!!!

Inserito il 12 nov 2010 alle 21:06

Un disco che dire penoso è poco !!!!! se gli Iron si ritirassero farebbero un piacere all'umanità, ormai sono da pensione...

Inserito il 24 set 2010 alle 20:16

E' un disco bellissimo a mio parere, in certi assoli si sentono delle parti di chitarra inusuali per i dischi dei maiden non mi sembra per niente monotono anzi! Mi piacciono molto "Mother of mercy", ""isle of Avalon", "Coming home", "The alchemist", poi tutte le altre non c'è n'è una che non mi piace (sembra fatto apposta per me ehehehehe) e questo con gli altri dischi recenti non mi succedeva più... Bravi come sempre ! :)

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