Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:41 min.
Etichetta:Season of Mist

Tracklist

  1. WIREHEAD IMBECILES
  2. A.MEN
  3. THE STOCKHOLM MALEVOLENCE PROJECT
  4. WORLD STATE ABOMINATION
  5. REFINED TORTURE
  6. MISLEADING INNUENDOS
  7. OBITER DICTA
  8. DEATH'S HEAD COCKROACH
  9. TOTALITARIAN
  10. ANTHROPOCENTRIC SUICIDE
  11. SILENCE IS BETTER THAN UNMEANING WORDS
  12. VIOLENCE DOES EVEN JUSTICE
  13. CORROSIVE ROTGUT
  14. PERFERVID ODYSSEY

Line up

  • Jan Hallaert - Guitar
  • Serge Kasongo - Vocals
  • Nicolas Malfeyt - Bass
  • Tony Van den Eynde - Drums

Voto medio utenti

Dopo lo split con i Fuck The Facts, finalmente posso testare sulla lunga distanza lo stato di salute dei belgi Leng Tch'e, alla prima uscita su disco con il nuovo singer Serge Kasongo. Già con il precedente "Marasmus" la band si era discostata leggermente dal grind più feroce, preferendo talvolta il ricorso a soluzioni più cariche di groove e meno di diretto impatto. Questo nuovo album "Hypomanic" accentua ulteriormente questa caratteristica, proponendoci dei brani dalle tinte più death metal che grindcore, "sporcate" da una ricerca del groove affidata a momenti coreggianti dove è l'headbanging a tenere banco. Con l'abbandono di Boris sicuramente la band ha perso uno dei propri tratti distintivi, ma il suo sostituto Serge pur non possedendo un timbro così caratteristico riesce a non far rimpiangere eccessivamente la sua dipartita, con il suo stile vocale perfettamente a proprio agio nel contesto musicale dei Leng Tch'e. Il gruppo riesce persino ad assoldare il buon vecchio Barney dei Napalm Death per un duetto sulla canzone "Totalitarian", un pezzo che effettivamente richiama a quanto fatto ultimamente dalla band inglese e in cui la voce sguaiata di Barney si muove agilmente, facendo da contraltare al growl possente di Serge. Probabilmente non farà la differenza, ma dona quel quid in più al pezzo.
Il ritorno dei Leng Tch'e quindi conferma quello che si poteva già intravedere dal precedente split: meno grind, meno velocità, più groove. Il risultato è comunque piacevole, non facendo tuttavia gridare al miracolo. Non so voi, ma io li preferivo nella versione più cattiva e violenta di album come "Manmadepredator" e "Death By A Thousand Cuts".
Recensione a cura di Michele ’Coroner’ Segata

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