Accolgo il ritorno degli olandesi
Terra Nova con notevole curiosità.
A dire la verità, non sono mai stato un grandissimo sostenitore del gruppo, benché la miscela proposta, un hard rock con melodie ampiamente irrorate di tastiere e da cori magniloquenti, sia proprio una di quelle soluzioni espressive che fanno spasimare da tempo il mio
cuoricino.
A differenza di gran parte della critica e dei molti loro sostenitori, li ho sempre valutati come una band dalle grandi potenzialità, ma fondamentalmente “indecisa” dal punto di vista stilistico, sempre in bilico tra pomp e class, povera di una sua autentica identità, anche se all’interno di confini musicali piuttosto circoscritti.
“Come alive”, che ripropone la formazione schierata come ai tempi degli esordi, riuscirà a farmi cambiare idea?
L’ansia di comprendere fino in fondo le prerogative dei Terra Nova si stempera fin dal primo ascolto.
Continuo a pensare che i nostri abbiano ancora dei margini di miglioramento, ma il loro nuovo disco appare compatto e soprattutto decisamente più convincente del precedente “Escape”, un buon lavoro e tuttavia, al cospetto del giudizio del mio apparato cardio-uditivo, mancante di quella “scintilla” capace di farlo aspirare a posizioni di credito superiore.
Forse è vero, come afferma Fred Hendrix nel materiale informativo della Frontiers, che l’albo in questione recupera lo spirito del debutto "Livin' it up", ma tenuto conto che ritengo questi paragoni con il passato, tanto più se è stato particolarmente “glorioso”, un po’ complicati e controproducenti, mi limiterò ad affermare che oggi i nostri
dutch-rockers sono riusciti a esplicitare una formula musicale magari non ancora compiuta e pienamente caratterizzata eppure in grado d’inserirsi autorevolmente nel panorama dell’hard di classe del terzo millennio e concorrere tranquillamente per le zone prestigiose del consenso melodico.
Cosa manca? Beh, forse solo un pizzico di
rush nelle costruzioni armoniche o un coefficiente di penetrazione emotiva leggermente superiore … dettagli, che individuare o quantificare non è facile vista la loro esiguità.
Svincolandosi da queste analisi “razionali”, affidiamoci con gusto e diletto alle canzoni di “Come alive”, che riesumano antiche sublimi “creature” del calibro di Spys, Stingray, Le Roux, Giuffria e Valentine, ma anche la concretezza catchy di Europe e Def Leppard e Danger Danger, senza dimenticare le note incorruttibili dei maestri Journey, una dipendenza tanto frequente quanto (se non esasperata) appagante in questi lidi sonori.
In realtà la partenza, con la vibrante title-track, cita pure scorie di Rainbow o del MSG in edizione Bonnet, ma già dalla successiva “Fighting yourself” l’influenza squisitamente pomposa accentua il suo effetto, mentre tocca al refrain irrompere e conquistare la parte più istintiva dei sensi.
“Here comes the night” e "The final curtain”, avvicinano il bravo e duttile Fred Hendrix ai registri “siderali” di Joe Perry (o a quelli di Arnel Pineda, Hugo Valenti e Kevin Chalfant, se preferite), nelle delizie pianistiche “Those eyes” (in cui emergono bagliori degli Asia) e “Under pressure” (un gioiellino, davvero!) l’esposizione melodrammatica ed enfatica è altamente competente e appassionante, con "Who can you count on” ritornano gli arrangiamenti maggiormente grintosi e “My own way” si rivela un eccellente numero d’incisivo AOR munito di un ritornello dinamico e istantaneo.
L’appuntamento con il “classico” è per il momento rimandato, ma un sentito plauso va fin da ora speso per i Terra Nova … bravi, stavolta mi avete
quasi convinto
del tutto.
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