Copertina 5

Info

Genere:Heavy Metal
Anno di uscita:2010
Durata:46 min.
Etichetta:Century Media

Tracklist

  1. JEKYLL ISLAND
  2. DON'T TREAD ON ME
  3. FALSE FLAG
  4. OUR DYING REPUBLIC
  5. INDENTURED SERVITUDE
  6. TREE OF LIBERTY
  7. FEELING HELPLESS?
  8. THE CLEANSING WIND
  9. WE THE PEOPLE

Line up

  • Jon Schaffer: vocals, guitars, drum machine
  • Jim Morris: guest guitars
  • Troy Steele: guest guitars
  • Ruben Drake: bass
  • Howard Helm: vocals
  • Jeff Brandt: vocals

Voto medio utenti

Immagino che la gran parte di voi conosca Jon Schaffer. Se non fosse così, ve lo presento io: si tratta del cantante/chitarrista fondatore degli Iced Earth, una band che in ambito metal un paio di paroline negli ultimi anni è stata in grado di dirle. Ad un certo punto della carriera, al buon Jon cosa viene in mente? Di fare un cd solista (come se i lavori degli Iced Earth fossero frutto di chissà quali democratiche collaborazioni) con un nuovo monicker (totalmente finto perché la band, a parte il bassista e qualche ospite, si avvale oltre a Schaffer di una simpatica drum machine). La motivazione di questa scelta è quella di poter parlare di politica nei testi, cosa che, secondo le stesse parole del singer, non potrebbe mai accadere negli Iced Earth.

Ora, si può essere o meno d’accordo con quello che i testi di Brush-Fires Of The Mind ci raccontano: su questo è giusto che ognuno di noi abbia le proprie idee e non voglio metterci il becco. Però il becco ce lo posso mettere fin dove mi pare sulla proposta musicale, decisamente mediocre. Cloni dei peggiori Iced Earth, i Sons Of Liberty suonano fin dalle prime battute scontati e abbastanza molli. Non ci sono particolari sussulti, né canzoni da ricordare. I riff si susseguono simili e giungere alla fine del lavoro senza lasciarsi scappare qualche sbadiglio è parecchio difficoltoso. Insomma, i dubbi cresciuti negli ultimi anni riguardo la mancata ispirazione di Schaffer paiono trovare piena conferma in un album tutto sommato inutile. Ovviamente, la produzione è ottima e forse è solo questo a salvare il disco da un voto ben peggiore. Migliore del previsto risulta poi l’apporto della drum machine, che all’inizio mi aveva fatto storcere il naso ma che si è rivelata assolutamente in grado di sostituire più che degnamente un vero drummer. Però che tristezza affermare che un album venga tenuto in piedi da suoni e tecnologia....

Inizialmente questo disco era stato pubblicato solo in formato digitale. Probabilmente sarebbe stato meglio lasciarlo a disposizione dei fan più accaniti in questo formato. Per gli altri, meglio attendere: è più facile sperare in un ritorno in grande stile degli Iced Earth piuttosto che sperare di farsi piacere questo album.
Recensione a cura di Alessandro Quero

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