Dopo un intervallo di ben quattro anni (beh... ora mica vorranno farcela passare come l'ennesima reunion?) i
Ghost Machinery si ripresentano con il loro secondo album, "Out for Blood", e lo fanno con una formazione che si è rafforzata e sviluppata attorno a Pete Ahonen (cantante dei Burning Point), che in occasione del nuovo album ha lasciato il microfono a Taage Laiho (il quale aveva ben figurato su un paio di lavori degli Altaria) optando per i soli compiti di chitarrista, che peraltro divide con l'altro nuovo innesto Mikko Myllylä. L'altra novità è il bassista Sami Nyman (che sostituisce Tapsa Pelkonen), mentre ritroviamo al suo posto, sul seggiolino dietro al drumkit, Jussi Ontero, al fianco di Ahonen anche nei Burning Point.
Ma qualcosa è cambiato anche sul piano musicale, la componente melodica e le sfumature neoclassiche sono messe un po' in minoranza da un approccio più dinamico, talvolta impetuoso, che porta ad accostarli agli ultimi Primal Fear ("Face of Evil"), ma non mancano le possibilità di un accostamento a formazioni come Royal Hunt o Stratovarius ("Sentenced to Life", "Mask of Madness" ...). Quando però i Ghost Machinery decidono di fare una cover, vanno a pescare, e con ottimi risultati, "Send Me An Angel" dei Blackfoot.
Tuttavia al di là di ogni possibile paragone, i Ghost Machinery hanno dalla loro un buon tiro, un valido cantante e discrete capacità compositive, che esprimono egregiamente su canzoni come l'orchestrale "Guilty" e l'Hard Rock neoclassico e vagamente settantiano di "Blood from Stone", tutte qualità che li portano a fare un bel balzo in avanti rispetto alla loro prima release.
A caccia di sangue...
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