Sono tornati i
Machine Head. Tornati.
Dimenticate il mezzo passo falso di “
The Burning Red” e quella autentica porcheria di “
Supercharger” che con la sua energia avrebbe potuto caricare solo qualche pupazzetto tamburino della Duracell.
Spazzate via dalla vostra memoria quelle autentiche concessioni alle influenze nu metal più becere e modaiole, e tuffatevi nella violenza urbana di “
Through the Ashes of Empires”, un autentico salto indietro di Robb Flynn e compagni nelle apocalittiche visioni di “
Burn My Eyes”, miscelate con le atmosfere tristi ed inquiete di “
The More Things Change” (ed in questo senso fa completa scuola la vecchia “
Blood of the Zodiac”) come possiamo riscontrare nella furiosa e depressiva “
Descend the Shades of Night”, struggente atto di dolore conclusivo di un disco che sa davvero tirare fuori il meglio di ogni sfaccettatura dei Machine Head.
Addirittura vecchie reminiscenze thrash emergono prepotenti nell’opener “
Imperium”, autentico inno di battaglia in pieno stile “Burn My Eyes” ma che sorprende nel finale con un crescendo old-school al 100% che lascia a bocca aperta e col cuore a mille, tanto è la concitazione e l’energia che scaturisce da questo brano.
Non sono da meno le ossessive e forse più canoniche “
Days Turn Blue to Grey” e “
Left Unfinished”, frammentate da sprazzi di melodica lucidità in cui il buon Robb dimostra, perlomeno in studio, di avere un certo carisma anche nelle clean vocals, per ripartire subito dopo con sferzate di adrenalina non indifferenti.
Qualche punto viene perso durante “
In the Presence of My Enemies” e la noiosetta “
Bite the Bullet”, brani che pensano solo a ritmare senza troppe idee dietro la produzione davvero ottima a cura di Andy Sneap, ma in definitiva ci troviamo di fronte ad un grandissimo lavoro che rilancia i Machine Head nel ruolo che si erano conquistati a metà degli anni ’90 e che avevano perso in favore di qualche bambinetto statunitense imbolsito di fronte a MTV; un disco vivamente consigliato a chi si è trovato spiazzato di fronte alla svolta commerciale della band di Oakland e che pretendeva un ritorno in pompa magna di Flynn e compagni, soprattutto nella giusta direzione.
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