Fu così che un giorno, quasi dal nulla, mi arrivò una notizia tanto attesa che in un primo momento non ci credetti nemmeno: i Lillian Axe, la storica heavy class rock band di Steve Blaze e Ron Taylor si erano riformati. Il fatto che un ritorno così importante non fosse stato prima pompato e strombazzato ai quattro venti come si usa di solito fare per le farlocche reunion commerciali, già lasciava ben sperare e sembrava non mettere in discussione la spontaneità e la genuinità dell'evento. Questo "Live 2002", composto da ben ventuno canzoni, ripropone i classici della band, andando a pescare un po' da tutta la discografia; ecco così una "Dream of a Lifetime", tratta dal primo lavoro del 1988, seguita da "Become a Monster" di "Fields of Yesterday" (1999). E si tratta veramente di un ritorno in grande stile: la band sembra particolarmente affiatata sul palco e il lavoro nel suo complesso conserva quel sapore "vivo" e reale che spesso nei live album viene stritolato da aggiustamenti e ritocchi più o meno pesanti eseguiti in studio. Aspettatevi quindi di trovare leggere imprecisioni esecutive o qualche nota traballante di un Ron Taylor comunque in forma smagliante, anche se nel complesso i Lillian Axe mostrano di essere assolutamente fedeli nella riproposizione "on stage" dei brani. Eccezionale e superbo, ancora una volta, il grande Steve Blaze alla chitarra, con il suo squisito tocco retrò di scuola americana, caldo e teatrale come non mai. Molto buona anche la produzione di questo live album, che equilibra perfettamente il calore clamoroso del pubblico con il volume dello show vero e proprio, trascinando realmente l'ascoltatore sotto quel palco di Houston del 4 maggio 2002. Particolarmente degne di nota le esecuzioni di classici quali "The World Stopped Turning" e "True Believer", quest'ultima posta ovviamente a conclusione dello show, ma si fa apprezzare anche la toccante "Nobody Knows", accompagnata alla grande dal pubblico. "Live 2002" è un album che i fans dei Lillian Axe attendevano da molto, e che non li deluderà affatto; chi invece vuole avvicinarsi per la prima volta alla band statunitense potrà tranquillamente dirigere le proprie mire verso questo lavoro, che ci presenta i grandi classici della discografia e la versione migliore della band: quella "on stage". Insomma, in ogni caso fatelo vostro!
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