Seven the Hardway è un nome che non vi dirà niente, ma è il nuovo progetto di tre signori musicisti del calibro di
Tony MacAlpine,
Virgil Donati e
Mark Boals. Un trio da infarto, almeno sulla carta, che ha dato vita ad un album, a mio modestissimo parere, non riuscito.
Questo omonimo cd, infatti, ci presenta 10 tracce di heavy metal pesante e chitarroso, in cui le linee vocali seguono direzioni impensate per Mark Boals: sin dall’opener “
Liar”, infatti, sembra di ascoltare la brutta copia degli Alice in Chains, e nell’esprimere un giudizio di certo non aiuta la strofa rappata di “
Guilt”. L’estremo tecnicismo di MacAlpine e Donati si fa sentire spesso e volentieri, dando ai brani intermezzi o strutture ritmiche dispari o inusuali, o abbondando in assoli in puro shredding-style, ma il tutto suona spesso “finto”, nel senso di troppo fine a sé stesso. Tracce come “
Blame” o “
All I Had” sono brutte, nell’accezione più pura del termine, e tutto l'album olezza di un’atmosfera incomprensibilmente cattiva e volutamente grezza, ma il tutto rende ben poco alle orecchie, risultando a tratti fastidioso.
Da nomi di questo calibro mi sarei sinceramente aspettato ben altro; invece, questo debutto puzza di flop lontano un miglio. Sarà per questo che la band ha appena annullato il tour europeo? La causa ufficiale è il ritardo nell’uscita dell’album, ma sinceramente, sarei combattutto tra andare a vedere tre musicisti superlativi (accompagnati live da Doug Shreeve al basso e dalla giovane e talentuosa chitarrista argentina Stefania Daniel, scoperta proprio da Tony tramite demo), e andare ad ascoltare una manciata di canzoni malriuscite. Bah.
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