Virgin Steele - The Black Light Bacchanalia

Copertina 5,5

Info

Anno di uscita:2010
Durata:non disponibile
Etichetta:SPV
Distribuzione:Audioglobe

Tracklist

  1. BY THE HAMMER OF ZEUS (AND THE WRECKING BALL OF THOR)
  2. PAGAN HEART
  3. THE BREAD OF WICKEDNESS
  4. IN A DREAM OF FIRE
  5. THE ORPHEUS TABOO
  6. NEPENTHE
  7. NECROPOLIS (HE ANSWERS THEM WITH DEATH)
  8. TO CROWN THEM WITH HALOS PARTS 1 & 2
  9. THE TORTURE'S OF THE DAMNED
  10. THE BLACK LIGHT BACCHANALIA (THE AGE THAT IS TO COME)
  11. ETERNAL REGRET

Line up

  • David Defeis - Vocals
  • Edward Pursino - Guitar
  • Joshua Block - Bass
  • Frank Gilchriest - Drums

Voto medio utenti

A distanza di 4 anni tornano sulla ribalta i Virgin Steele del grande vecchio David DeFeis che inesorabilmente prosegue la sua marcia, una volta trionfale ed oggi forse non così più vittoriosa come fino a 10 anni fa.
In realtà "The Black Light Bacchanalia" ha sulle spalle il fardello di un album come "Visions of Eden", un disco che sicuramente accontentò il nostro Luca Franceschini ma che lasciò tra l'interdetto ed il deluso molte schiere di fan storici, tra i quali anche il sottoscritto.
E' bene dire fin da subito che probabilmente coloro che nel 2006 storsero la bocca lo faranno anche stavolta, anche con maggior disappunto se possibile: "The Black Light Bacchanalia" prosegue il discorso portato avanti dal capitolo precedente e ne porta con sè tutti i difetti e le caratteristiche che avevano inficiato quel lavoro.

Sebbene il giudizio tracciato su questo nuovo album si basi su un penoso ascolto in streaming per via della pirateria, pare piuttosto evidente che la produzione sia nuovamente deficitaria, sia a livello di "potenza sonora" sia a livello di povertà di arrangiamenti, e questo è inconcepibile per una band del calibro dei Virgin Steele, quando un qualsiasi gruppo misconosciuto agli esordi riesce a godere di una registrazione più che accettabile, se non brillante.

Accantonato il pur enorme problema della produzione, che tocca il proprio apice con la chitarra di Pursino sepolta sotto la voce di David e degli altri ed un suono di batteria che pare provenire dalla peggiore delle drum machine, arriviamo alla vera nota dolente, quella musicale, che ci consegna dei Virgin Steele spesso davvero deficitari sotto il punto di vista dell'ispirazione; non si tratta tanto della delusione per la mancanza di un ritorno al passato, d'altronde il tempo passa per tutti e dopo undici album possiamo capire ed accettare il desiderio di guardarsi altrove, ma l'ascolto di brani come "In a Dream of Fire" e specialmente "Pagan Heart" ucciderebbero l'anima anche del più infervorato ed irriducibile fan del quartetto statunitense: brani spompatissimi, arrangiamenti poveri e spesso imbarazzanti, pianoforti che sembrano pianoline bontempi di quelle che negli anni '80 si regalavano ai bimbi per la cresima o la comunione, assolutamente privi di quel furore epico che ha sempre contraddistinto le composizioni di questa grandissima e sfortunata band.

Se manca il furore per fortuna è rimasta la classe che emerge purtroppo solo a sprazzi qua e là e non in maniera continuativa, ma è difficile resistere alla poesia delle delicate "Nepenthe", "Eternal Regret" e "The Tortures of the Damned" e di "The Orpheus Taboo", mentre "To Crown Them With Halos" è molto altalenante, alternando sprazzi di luce a notevoli ombre e momenti di stanca, gli stessi che si moltiplicano lungo tutta la durata di "The Black Light Bacchanalia" e che lasciano l'ascoltatore di fronte a brani o piuttosto anonimi ed insipidi ("The Bread of Wickedness") o decisamente brutti (come la title track, quasi avvilente, o "Necropolis").

Se i brani migliori del disco sono le tre notevoli ballad vuol dire che c'è qualcosa che non va...

Non avrei mai pensato di doverlo fare, ma "The Black Light Bacchanalia" è un album spompato, poco ispirato, per giunta che suona male e che non raggiunge la sufficienza, nonostante i vari tocchi di classe, tocchi che però non bastano più e che annegano nella mediocrità.
Altra delusione dopo "Visions of Eden"... non resta che confidare, nuovamente, nel futuro.
Recensione a cura di Gianluca 'Graz' Grazioli
Una Metallica Baccanale

Anche se molti detestano questo album,in realtà ancora una volta ci mostra un Defeis mai domo e capace sempre di reinventarsi senza rivoluzionare la propria sopraffina proposta.Qualche influenza al limite del Doom arrichisce il songwriting di nuove suggestioni gotiche già espresse in"Visions...",ma sono sempre le imprevedibile dinamiche delle architettuere di Defeis a farla da padrone,senza mia risultare noioso e indigesto.Per chi ama la VERA GRANDE MUSICA.

Ultimi commenti dei lettori

Inserito il 05 mag 2018 alle 17:02

Non sono d'accordo col recensore, anche se rispetto la sua opinione ovviamente. The Black Light Bacchanalia è un disco che anche a me le prime volte che lo sentii mi fece storcere il naso più volte, ma se assimilato per bene con molta pazienza, si rivela per quello che è, ossia un capolavoro. Defeis da quando si diverte a fare anche il produttore sta sbagliando, e di parecchio, basta sentire la chitarra di Pursino quanto è penalizzata. Tolto ciò però, è impossibile non rimanere a bocca aperta alle emozioni che Defeis con la sua inimitabile voce, seppur abbia perso quell'aura barbarica che aveva negli anni 90', regala a pezzi come In A Dream Of Fire, To Crown Them With Halos, o i falsetti fantastici di The Bread of Wickedness. Altro piccolo neo del disco è la durata, se alcune canzoni fossero state accorciate di due, due minuti e mezzo sarebbe stato decisamente meglio, la parte centrale di Necropolis (He Answer Them With Death) , o The Orpheus Taboo ne è la prova. In sintesi un gran bel disco, forse ancora più difficile da digerire dei due House Of Atreus, ma che come detto all'inizio, se ci si approccia con concentrazione e pazienza si rivelerà l'ennesimo ottimo album dei Virgin Steele, ottimo lavoro. Voto 8,5.

Inserito il 30 mag 2015 alle 17:27

Eehehehehehehe, mi hai fatto scassare dal ridere quando hai scritto che Invictus rappresenta uno dei loro cali creativi, per un attimo ho pensato che parlassi sul serio, pensa te!!!! Poi ho capito che era impossibile definire cosi il loro capolavoro!!! Sei un grande mi stavi fregando

Inserito il 03 nov 2010 alle 10:33

Prima ancora di ascoltarlo: i VS sono già risorti due o tre volte. "Noble Savage" (che per molti magari è preistoria) aveva già ripreso per i capelli una band che aveva incantato con i primi due album (quelli con Jack Starr). "The Marriage...." aveva poi restituito una band viva ed energica dopo anni di silenzio rotti da un lavoro (Life among the ruin) che non aveva una direzione precisa. Poi di nuovo un calo di creatività (Invictus) e per fortuna l'abbandono della direzione Manowar-style con un doppio lavoro (The House...) che se fosse stato concentrato in minor spazio avrebbe avuto un risultato ancora migliore. Da allora mi pare che la vena romantica-nostalgica sia quella che ancora (un po') funziona, ma rimane la tendenza masochistica (anche in sede live) ad allungare il brodo con intro-outro-break che se da un lato sono stati la cifra stilistica della band negli anni 90 hanno messo in secondo piano le canzoni. Certe volte mi dico: quattro belle canzoni ma prodotte bene, curate e MEMORABILI. Di tutto il resto ne faccio a meno! Va beh: ora però sarà meglio ascoltarlo prima di dire altre vaccate :D

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