Il ritorno dei
Dillinger Escape Plan è una buona notizia, la cattiva notizia è che dopo aver ascoltato due volte di fila il loro ultimo “
Option Paralysis” non ho ancora mal di testa.
Delle due l’una, o sono divenuto insensibile a certe sonorità o la band di
Greg Puciato non ha fatto fino in fondo il proprio dovere.
Sono lontani i tempi di “
Calculating Infinity”, disco epocale che ha dato vita al filone del cosiddetto mathcore, soprattutto è lontana quella intensità che pervadeva il disco, la quale, unità all’incredibile capacità tecnica e alla padronanza nel saper miscelare 1000 e 1 generi diversi, faceva del sound della band qualcosa di mostruoso, qualcosa cui era persino difficile accostarsi. Infatti, agli esordi, i
Dillinger Escape Plan erano roba per pochi, eravamo davvero in pochi a filarceli. Poi arrivò
Mike Patton e la notorietà, e da allora la band ha sovente mutato il proprio sound, per molti versi rendendolo più fruibile.
Il nuovo disco ha alcuni picchi di intensità notevoli, penso a “
I Wouldn’t If You Didn’t”, oppure a “
Good Neighbor”, ma spesso questi momenti sono annacquati da altri, dove la band si apre a melodie più semplice, a strutture che fanno il verso a un rock contaminato con aperture ariose, come nel caso di “
Gold Teeth On A Bum”.
Morale della favola, sebbene questo sia un disco dei
Dillinger Escape Plan, e quindi sia suonato e prodotto come Dio comanda, non impressiona, non stupisce, non eccelle.
Un buon disco, nulla più.
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