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Bianconiglio mi avevano francamente stupito per come, con il loro debutto “Lo scatolino sporco”, tentavano di rivitalizzare, infischiandosene delle “mode” e delle convenienze, quella scena di nu-metal/crossover che per breve tempo era stata in grado di stravolgere il business discografico internazionale.
Rage Against The Machine, One Minute Silence, Korn e, dalle nostre parti, gente come Magazzini Della Comunicazione erano stati i primi a venirmi in mente ascoltando il gruppo mantovano, capace di esprimere buone dosi di sagacia, ironia e intraprendenza attraverso l’adozione di una fluida scansione verbale, non sempre così facile da ottenere quando si sceglie di usare la nostra madrelingua.
Forse, in questi due anni abbondanti che hanno diviso l’esordio dal nuovo lavoro, nelle sinapsi cerebrali della band di Sermide, si sarà fatto strada qualche piccolo dubbio sulle effettive “opportunità” offerte da questa loro proposta caratterizzata da un sostanziale “anacronismo” o forse si è trattato semplicemente di un’evoluzione naturale e spontanea del loro percorso creativo, quello che è piuttosto evidente, affrontando “Qualsiasi ovunque sia”, è che le cose sono un po’ cambiate.
Confermati i modelli fondamentali di riferimento appena citati e le loro prerogative interpretative, i Bianconiglio targati 2010 scelgono di accentuare il ricorso a soluzioni di rock a carattere
mainstream, estendendo altresì il cocktail sonoro al dub, alla psichedelia e al funk più
morbidoso e patinato.
Devo dire che, pur lodando la volontà di crescita e di espansione espressiva, il nuovo corso del gruppo non mi ha
proprio entusiasmato: le
derive di Negramaro, le
deviazioni alla Subsonica o addirittura, in minima parte, i
bagliori alla Neffa, non mi convincono pienamente e rischiano, al cospetto del mio apparato
cardio-uditivo almeno, di snaturare e reprimere la grande forza delle voci declamatorie, della collera sonora (tra sincopi hip hop e impulsi hard-rock) esibita con creatività e raziocinio, e di distrarre delle acute velleità polemiche, oggi più esplicite che in passato, indirizzate a destare la
narcosi del Belpaese, anche se poi tutta questa “roba” è obiettivamente tutt’altro che
rivoluzionaria.
“In quel prato sul retro”, “Si diverte”, “Sul mare delle pupille” (gradevole l’alone di Marlene Kuntz!) e “Maiali governanti”, risultano in ogni caso fondamentalmente ottimi pezzi di “genere”, coinvolgenti, incendiari e intriganti e, mentre le infezioni psychedelic-grunge di “Hey” (vagamente Alice In Chains) piacciono per il gusto e per l’intensità sfoggiata, altrove confortevoli narrazioni rock-
eggianti (“L’origine di certi sogni”) si alternano a situazioni meno efficaci e coordinate (la porzione “cantata” di “Luna d’ottone” o l’intera “Nuda polvere”, ad esempio), quasi il processo di
trasformazione non sia stato ancora del tutto assimilato.
L’esperimento strumentale in pungente
odore di Muse della title-track, convalida ulteriormente l’impressione di una formazione ancora in bilico tra
certezze e
lusinghe, al momento incapace di farle convivere con l’equilibrio necessario.
La speranza è che “Qualsiasi ovunque sia” rappresenti un passo doveroso per consentire ai Bianconiglio di assurgere a livelli artistici superiori … per ora si tratta solo di un disco discreto e alquanto interlocutorio.
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