Che disco! Il secondo capitolo dei
Voodoo Circle, superband capitanata dall’axeman
Alex Beyrodt (Silent Force, Primal Fear e migliaia di altri progetti), spacca veramente il sedere ai passeri, come diceva un mio amico lord inglese. 12 songs a cavallo tra AOR, hard rock di classe e spruzzate heavy qua e là, per un prodotto di assoluto prestigio. Già basterebbe leggere la line up per capire che qui, di musicisti preparati, è piena la lista: ma come la storia ci insegna, non basta la line-up per fare il disco, e di esempi ne abbiamo avuti tanti sotto le mani, penso al disastroso Seven the Hardway, tanto per citarne uno…
Qui, per fortuna, c’è il fumo e anche l’arrosto: “
Broken Heart Syndrome” inanella una sequela mirabolante di potenziali hit singles, dall’hard blues dell’opener “
No Solution Blues” alla metallosa “
This Could be Paradise”, in cui la splendida voce di David “Pink Cream 69” Readman fa il filo a Jorn Lande versione Masterplan… E inoltre, non a caso, anche in questa formazione c’è lo zampino dell’onnipresente Mat Sinner al basso, presente in un fantastiliardo di progetti, tutti di ottima fattura e dallo stesso stampo hard’n’heavy: ma dorme mai, quest’uomo???
Il bello di quest’album, tra le altre cose, è che le canzoni migliorano man mano che si procede nella scaletta: la title track pesca in territori cari a Dio e ai Rainbow, “
Blind Man” è uno struggente lento in cui la chitarra di Alex regna incontrastata, con suggestioni alla Stevie Ray Vaughan, ed un hammond dolcissimo e malinconico a ricamare sotto la voce di David, semplicemente delizioso. Il picco assoluto, però, lo si trova alla traccia 9: “
The Heavens are Burning” è un up-tempo memorabile, con un ritornello di granito da urlare a squarciagola! Strepitoso, strepitoso, ed ancora: le ultime tracce sono molto più guitar-oriented, ed il bravissimo Beyrodt può dar sfoggio delle sue abilità allo strumento, concedendosi momenti di puro shred od un uso magnifico dello slide. Ma come sempre, nei cosiddetti “disconi”, c’è molto di più: le canzoni sono piacevoli, orecchiabilissime, accattivanti, ed i cinque musicisti hanno tutto lo spazio per personali momenti di gloria, senza andare mai ad intaccare la struttura del brano in questione.
Un album, insomma, che a mio parere cancella il sottotitolo “side project” dai Voodoo Circle, per dare alla band lo status di nuova, convincente realtà in ambito hard rock. Ben fatto.