Ormai sappiamo bene che le produzioni Black Widow si tengono lontane dalla previdibilità dei soliti filoni musicali, andando invece alla ricerca di interpretazioni meno scontate ed omologate in ambito rock. Non sfuggono a questa regola neppure gli Akron, nati verso la metà dei ’90 per iniziativa di Ennio Nicolini, già bassista dei The Black, e come spesso si verifica per le formazioni che gravitano intorno alla label genovese piuttosto avari nelle uscite discografiche. Solo una prova su lunga distanza, il debutto “La signora del buio” datato 1999.
Questo secondo album è stato preceduto da una profonda e minuziosa ricerca storico-culturale riguardante i Cavalieri Templari ed il periodo delle Crociate, uno studio imponente come testimonia l’esauriente volume “Il labirinto ottagonale” scritto da Eugenio Mucci, che esamina a fondo ogni aspetto della questione ed è allegato alla versione vinilica del disco.
Scontato dire che ci troviamo in tutt’altro scenario rispetto alle infantili saghe fantasy-medioevali di certo metal di facile consumo.
Il discorso si applica anche alla direzione musicale poiché gli Akron scelgono un profilo di ardua lettura, riallacciandosi al movimento dark-progressivo Italiano degli anni ’70 ed al rock tastieristico dello stesso periodo, che ha visto come sua massima espressione il famoso trio Emerson, Lake & Palmer, le cui soluzioni troviamo in qualche modo riflesse dentro alcuni passaggi di questo “Il tempio di ferro”.
L’ottica degli Akron è però oscura, cupa, ermetica, l’incedere lentissimo e l’atmosfera quasi sacrale, i suoni sembrano provenire dalle penombre mistiche delle cattedrali e dei monasteri, lo spirito del periodo storico evocato è una presenza tangibile e fortissima la sensazione di coinvolgimento, ma non si può negare anche l’esistenza di fasi di stanca e limiti di accessibilità a livelli di guardia.
Grossa parte del lavoro si basa sulle delicate architetture delle tastiere di Fabio Barraco e sull’interpretazione operistica e declamatoria di Eugenio Mucci, a tratti accompagnato dal controcanto di Gabriella Saia, il resto se lo spartiscono Nicolini e la batterista Lea Palmieri vista la rinuncia all’apporto della chitarra, decisione presa già a monte dal gruppo.
I quasi venti minuti della coppia iniziale “Il giuramento – A Gerusalemme” sono lo scoglio da superare per verificare il proprio grado di adattamento ad una proposta certamente originale e personale quanto difficile. Se ci si lascia trasportare in questo viaggio a ritroso nel tempo sull’onda gotica e rarefatta di un sound tenebroso e cerebrale, allora si potrà apprezzare in pieno la profondità del concept musico-letterario degli Akron, al contrario se si cercano sensazioni epidermiche e canzoni immediate è meglio rivolgersi da altre parti.
Per i palati fini segnalo l’affascinante strumentale “Deus vult”, in pieno revival seventies, seguito dalla cavalcata “Verso Notre Dame” brano con una prima parte più compatta ed aggressiva rispetto al tono generale. Altro momento di enorme forza evocativa “Le catene di Chinon”, ispirato dal tradimento del quale furono vittime i Templari e musicalmente scarno e minimale, con uno sviluppo spettrale ed angosciante che farebbe invidia alle drone-doom bands.
Opera lontana dagli schemi ai quali siamo abituati, un plauso al gruppo per lo sforzo di trovare un’identità unica e riconoscibile anche se resta la sensazione di un prodotto pensato coscientemente per pochi intimi. Richiede un assaggio preventivo prima di procedere all’acquisto.
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?