Marty, mi dispiace, ma l'unica potenza capace di generare 1,21 gigowatt di elettricità è la scarica di un fulmine…
Ve l'avevamo anticipato col nostro
studio report dello scorso Marzo, vi abbiamo aggiornato con notizie sempre fresche e ora siamo felici di poterlo urlare ad alta voce: i nostrani
Drakkar, dopo 9 anni di assenza, sono tornati! E sono tornati per restare.
Non solo restare, ma restare pestando i piedi e riprendendosi quel posto tra i grandi dell'epic/power metal italiano, proprio li tra
Labyrinth,
Rhapsody e compagnia suonante.
"
When Lightning Strikes" è infatti un lavoro decisamente ben realizzato, forse il migliore e più maturo della loro discografia, che a dispetto degli anni di carriera conta "soltanto" 4 dischi, presentando all'ascoltatore un suono fresco, rinnovato, ricco di influenze epic e neo-classiche, persino di una punta di hard rock, in particolare grazie agli inserti di tastiera dell'ottimo
Corrado Solarino.
L'album si presenta come un interessante concept album di tema fantascientifico interamente scritto dal mastermind Dario Beretta, il cui protagonista è un colonnello dell'esercito degli Stati Uniti d'America, che si trova a dove avere a che fare con un macchinario alieno, l' "
Armageddon Machine" (titolo peraltro della terza traccia del disco), piombato dal cielo direttamente su New York City. Nel tentativo di avvicinarvisi per studiare la struttura, il colonnello viene risucchiato da una tempesta elettrica e si ritrova suo malgrado all'interno della navicella. Qui scopre di non essere stato preso per caso, ma di essere una sorta di "registratore vivente", immortale, che ha vissuto diverse vite durante tutta la storia dell'umanità, raccogliendo informazioni riguardo la crescita e l'evoluzione (o involuzione) della stessa. Grazie a queste informazioni, gli alieni decideranno quindi le sorti dell’umanità.
Le canzoni si sviluppano quindi attorno a questo tema, “raccontando” la storia dell’umanità attraverso particolari episodi: in “
Revenge is Done”, una delle canzoni più belle del disco, viene citata ad esempio la celeberrima Guy Fawkes Night (ripresa tra gli altri dal film “V for Vendetta”), anche attraverso la famosa filastrocca che inizia con “
Remember, remember the fifth of November”. Qui, come d’altra parte nel resto del disco, abbiamo la possibilità di apprezzare l’abilità tecnica di tutti i componenti del gruppo, che dimostrano così di non aver dormito nel corso di questo decennio di stasi, mostrando miglioramenti netti e decisamente piacevoli, uno su tutti quello di
Davide dell’Orto dietro al microfono, che spazza via con un deciso colpo di spugna tutti gli scomodi paragoni col suo predecessore Luca Cappellari, sfoderando una prestazione da vero top player.
La solita sicurezza è invece
Dario Beretta alla chitarra, che coi suoi riff e i suoi assoli arricchisce il pacchetto, elevandolo ai livelli dell’eccellenza, ben coadiuvato dalla puntuale batteria dell’ex-Labyrinth
Stancioiu e dal basso di
Cappato.
Per quanto riguarda le altre canzoni, oltre alla già citata “Revenge is Done”, la palma della migliore se la giocano senza dubbio l’antemica title-track e soprattutto la guerreggiante “
Winter Soldiers”, grazie all’incedere che molto deve alla scuola dei
Running Wild, con lo stesso Dell’Orto che si traveste piacevolmente da Rock’n’Rolf.
L’unica lieve pecca che possiamo muovere a questo disco è forse il mixaggio, coi suoni che risultano a volte un po’ impastati e fumosi, non chiari e limpidi come dovrebbero essere per il genere proposto, in particolare nelle tastiere, col risultato di suonare quasi datato.
Ma se escludiamo questo dettaglio, abbiamo a che fare senza dubbio con uno dei più interessanti dischi in ambito power degli ultimi anni, sicuramente un ottimo modo per iniziare questo 2012 e salutare il ritorno in pista dei
Drakkar. Se il livello delle composizioni è questo, speriamo proprio di non dover aspettare altri 9 anni per il disco della cinquina!
Quoth the Raven, Nevermore..