I nostrani
Aura si sono spesso presentati sulle pagine di
Metal.it, riscuotendo successi altalenanti. Questa volta, è il momento di parlare del loro secondo full length, “
Deliverance”, che ci presenta una band sicuramente maturata, più saggia anche nel momento compositivo, e che cerca per quanto possibile di aggiustare il tiro anche in fase di songwriting.
Il nuovo album non è un concept, ma dal punto di vista musicale le varie songs sono quasi tutte legate fra di loro, offrendo un continuum sonoro impegnativo quanto piacevole. Di base, c’è sempre il prog-metal di Petrucci e soci, ma questa volta il peso specifico della musica degli Aura si è alleggerito, favorendo soluzioni di più ampio respiro e preferendo, in più d’una occasione, le chitarre pennellate a quelle martellate. È proprio il caso della opener “
The Arrival”, che mi sentirei di considerare un tutt’uno con la successiva “
In my Memories”, per come le due songs fluiscano naturalmente l’una nell’altra.
Devo ammettere, per onestà di recensione, che i problemi evidenziati dai miei colleghi, soprattutto in occasione del precedente
"A Different View From The Same Side" non sono del tutto risolti. Spesso, e la cosa si percepisce in molte canzoni, manca un po’ la fase compositiva, per cui succede che la forte componente tecnica e strumentale degli Aura sia un gigante dai piedi d’argilla, che non può beneficiare di un appoggio solido. Anche la produzione mi risulta un po’ latitante, si assesta su una sufficienza che, in un caso come questo, è un mezzo delitto, perché penalizza composizioni molto articolate e dalle mille sfumature, che a mio avviso andavano premiate con dei suoni più definiti, e soprattutto con una dinamica maggiore, che avrebbe portato linfa vitale all’album. Ma non parliamo solo dei difetti, visto che “Deliverance” ha tanti pregi: gli highlights del disco, a mio avviso, sono l’accoppiata “
The Bridge of Silence” – “
The Glorious Day”, laddove i quattro musicisti riescono ad ottenere il tanto agognato punto di equilibrio tra la maestria allo strumento ed una composizione finalmente fresca ed intrigante. Ma questo “Deliverance”, ad onor del vero, è un coacervo di musica molto piacevole per quanto non immediata, come ogni buon album prog che si rispetti.
In conclusione, mi sento di tenere il pollice alto per gli Aura, sperando che, in un futuro non troppo lontano, ogni particolare verrà messo a posto, restituendoci una band che merita, secondo me, ben altri voti.