Copertina 6,5

Info

Genere:Death Metal
Anno di uscita:2011
Durata:42 min.
Etichetta:Century Media Records

Tracklist

  1. WE WHO WORSHIP THE BLACK
  2. I SING HIS WORDS
  3. SONNE ADAM
  4. SOLITUDE IN DEATH
  5. TAKE ME BACK TO WHERE I BELONG
  6. SHINE
  7. I CLAIM MY BIRTH IN BLOOD
  8. TRANSFORMATION
  9. APOCALYPSE

Line up

  • Dahan: vocals, bass
  • Davidov: guitar
  • Mayer: guitar
  • Steel: drums

Voto medio utenti

Non avevo idea dell’esistenza dei Sonne Adam, band israeliana che arriva al debutto dopo la pubblicazione, l’anno scorso, di un demo/EP, fino all’assegnazione della recensione. Beh, due cose mi hanno subito incuriosito: la provenienza, Israele, terra in cui non è certo all’ordine del giorno suonare metal, anche se per fortuna negli ultimi anni le cose piano piano stanno cambiando, e il genere indicato nella bio: death metal. Un connubio quanto meno interessante, non c’è che dire… Iniziato l’ascolto di “Transformation”, però, mi accorgo subito che parlare di death metal per i Sonne Adam è alquanto riduttivo. C’è sicuramente una marcata matrice death, ma è altrettanto preponderante l’aspetto doom nella musica dei nostri, in quanto i brani sono quasi sempre assestati su mid tempo malati e oscuri. Ed è proprio oscurità la parola che meglio potrebbe riuscire a definire le canzoni del quartetto, in quanto ogni singola nota contenuta nell’album è nera come la pece. E a rendere ancora più malvagio il tutto ci pensano i riff morbosi di Davidov e Mayer, ma soprattutto la voce cavernosa di Dahan, che anche grazie ad una registrazione molto vintage sembra provenire davvero dalle profondità più recondite degli inferi. Per cercare di capire al meglio di cosa sto parlando, immaginate di unire le parti più lente e cadenzate degli Incantation al death/doom degli esordi dei primi Paradise Lost/My Dying Bride, e forse riuscirete a farvi un’idea… Se questo da un punto di vista strettamente musicale può rendere la proposta dei Sonne Adam alquanto interessante, dall’altro c’è da dire, però, che alla lunga qualcosina che non va nell’album c’è. Qualche leggera variazione in più nei brani avrebbe giovato al risultato finale, rendendoli più dinamici e quindi rendendo l’ascolto meno pesante. Ad ogni modo per essere un esordio siamo ben oltre la sufficienza, e a rendere il tutto ancora più maturo ci pensano i testi di Dahan, legati all’occultismo e al lato oscuro in generale. Potrei sbagliarmi, ma sono quasi sicuro che nel prossimo lavoro in studio i Sonne Adam riusciranno a migliorarsi e a trovare finalmente la strada giusta, visto che i presupposti ci sono tutti.
Recensione a cura di Roberto Alfieri

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