December - Praying, Hoping, Nothing

Copertina 6,5

Info

Anno di uscita:2003
Durata:50 min.
Etichetta:Earache
Distribuzione:Self

Tracklist

  1. UMBILICAL
  2. HEAVEN BELOW
  3. 8 YEARS
  4. MONUMENTS COLLAPSE
  5. PROXIMITY
  6. MOUTHFULL OF SAND
  7. SHARD
  8. HATEBRIDGE
  9. 1 OF 2
  10. LIFELIKE (ALMOST)
  11. SELLING JESUS (SKUNK ANANSIE COVER)
  12. SEEMINGLY ENDLESS TIME (DEATH ANGEL COVER)
  13. ACE OF SPADES (MOTORHEAD COVER)
  14. HIDDEN TRACK (UNRELEASED)

Line up

  • Marc Moots: vocals
  • Asa Dakin: bass
  • Julian Peach: guitars
  • Jason Thomas: drums

Voto medio utenti

La prima volta che intervistai i December, fu agli inizi del 2002 in occasione del loro terzo disco "The Lament Configuration". La cosa che mi colpì di più fu l'aneddoto secondo il quale, il famoso regista e produttore di film porno e mastermind dei Society1, Matt Zane era solito usare la musica dei December per predisporre mentalmente le sue attrici a scene di brutale sesso anale. Cosa centra direte voi? Beh innanzi tutto l'aneddoto è gustoso e a qualche depravato di voi potrebbe tornare utile, poi c'è da dire che questo disco è il secondo della band, stampato solo negli U.S.A. e poi ristampato proprio da Matt Zane con l'aggiunta delle bonus tracks di cui parleremo tra poco. L'Earache ha così deciso di rendere disponibile anche per l'Europa quest’edizione ristampata con bonus. Che dirne? Inizierei col dire che non si può non riconoscere, alla band di Reno (Nevada), una considerevole capacità di scrivere composizioni di un certo spessore, nelle quali la soglia del rumore viene più volte oltrepassata e viene messa in risalto la schizoidicità della band e la sua idiosincrasia per l'easy listening. Tra bordate hardcore, crust e noise sciorinate senza soluzione di continuità è veramente difficile annoiarsi, vista anche, soprattutto, la bravura tecnica dei quattro yankees, abile a giocare con i tempi e le poliritmie. Forse questo disco da un lato non si dimostra maturo come il suo successore, ma dall'altro ha una certa verve primitiva e in your face che manca a "The Lament Configuration", disco certamente più cerebrale. Le dissonanze e la nevrastenia sono il pane quotidiano di questa band che ha certamente messo a frutto l'esperienza live condivisa con band come Today Is The Day, Dillinger Escape Plan e Neurosis tra i tanti. Certo non mi sento di consigliare questo disco a chiunque e non saranno certo le, riempitive, tre cover finali a cambiare la sostanza di un disco che può risultare ostico a ben più di un palato e v’invito a fare riferimento alla conclusiva e mostruosa "Lifelike (Almost)". Se però volete avvicinarvi a questo tipo di sonorità e volete evitare una sorta di "shock anafilattico", questo disco, ed il suo successore, potrebbero fare al caso vostro.
Recensione a cura di Luigi 'Gino' Schettino

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