Non credo di sbagliare se dico che questo “Last rites” sia letteralmente il disco della rinascita per Bobby Liebling e i suoi
Pentagram. Sia perché finalmente lo stralunato singer è riuscito a ricostruirsi una vita personale lontana dagli eccessi che lo hanno portato a toccare più di una volta il fondo, e che ovviamente hanno influenzato, negativamente, anche la carriera della band, facendole produrre solo sette album in quarant’anni, e sia dal punto di vista musicale, visto che l’album è un ottimo esempio di doom metal vecchio stile, come solo un gruppo dalla lunghissima e pioneristica carriera come i Pentagram poteva permettersi di fare. E non credo sia un caso che a questa rinascita abbia partecipato il chitarrista Victor Griffin, lontano dalla navicella di Liebling sin dal terzo album “Be forewarned”. Ovviamente nessuno stravolgimento di stile per i nostri, le canzoni suonano Pentagram al 100%, con chitarroni pesanti come elefanti, ritmi lenti ed ossessivi, e la solita voce di Bobby a portare avanti il tutto, ed è proprio questo l’aspetto vincente del disco, cioè l’essere riusciti a scrivere di nuovo splendide canzoni senza preoccuparsi più di tanto di dover stare al passo coi tempi o di dover dimostrare qualcosa a qualcuno. “Last rites” è semplicemente quello che ogni fan della band si aspettava da loro, complice anche una produzione semplice e lineare, dal sound tipicamente seventies, salvo qualche influenza stoner che più di una volta salta fuori qua e là. Brani dannatamente riusciti, come l’opener “Treat me right”, o la semi ballad “Windmills and chimes”, si mescolano alla perfezione a quelli più marcatamente doom ed ossianici come “Into the ground” o “Everything’s turning to night”. A questo punto (anche se si parla di un contratto per altri due dischi) resta solo da domandarsi se gli ‘ultimi riti’ di cui parla Bobby siano da considerarsi una sorta di canto del cigno per la band americana, o se i nostri avranno ancora la forza e la voglia di andare avanti, perché se così non fosse, a maggior ragione dopo un album ottimo quale è “Last rites”, sarebbe davvero un peccato. E chi lo sa che il contratto con la Metal Blade non riesca, finalmente e dopo tanti anni, ad elevare il loro status, facendogli abbandonare quello hanno ormai cucito addosso di cult band relegata agli appassionati dell’underground… Al di là di tutte queste considerazioni, così come sarebbe azzardato affermare che l’album se la gioca alla grande con i primi due mitici album della band, è altrettanto vero che sicuramente è il migliore della loro produzione recente (per quanto possa essere usato questo termine parlando el gruppo e dei suoi tempi biblici). I Pentagram sono tornati, e l’hanno fatto alla grande…
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