“Faccio l'accento svedese?”
“Ma lo sa fare?”
“Mmmhhh”
“Eh lo facci!”Togliamoci subito un dubbio: a differenza del povero Fantozzi,
Mathias Blad l'accento svedese lo sa fare. Eccome!
Ma perchè questo incipit di fantozziana memoria? Semplicemente perchè, come una veloce scorsa ai titoli può lasciare intendere, “
Armod” è interamente cantato in svedese, lingua madre dei componenti dei
Falconer. Un regalo per i propri fans e allo stesso tempo un modo per avvicinarsi più del solito alle radici folk e nordiche della loro musica. Un estemporaneo esperimento, perchè come spiegato nel booklet, rimarrà unico nel suo genere.
Il risultato? Il solito grande album dei
Falconer, che dall'omonimo debutto targato ormai 2001 non hanno praticamente mai sbagliato un colpo, limitandosi a due lievi flessioni corrispondenti ai due passaggi con
Kristoffer Gobel alla voce, dischi senza dubbio buoni ma privi di quella componente che caratterizza in maniera imprescindibile e innegabile il suono dei Falconer: l'ugola di
Mathias Blad.
L'ormai brizzolato cantante è infatti l'arma in più degli svedesi, essendo il fortunato possessore e affinatore di una voce meravigliosamente calda e teatrale. Le radici artistiche di Mathias infatti si piantano proprio nel teatro, e si sente..per chi già non lo conoscesse, non aspettatevi acuti alla Halford o chissà quali voli pindarici, ma “solo” una prestazione, a livello interpretativo ed espressivo, ai limiti della perfezione. E' difficile trovare in ambito metal e non un cantante come Blad, che riesce a caratterizzare così tanto un gruppo e il suo sound, e di questo fattore le composizioni dei Falconer non possono naturalmente che beneficiarne.
E su “
Armod” più che sui precedenti album, Mathias assume quasi il ruolo di narratore, alternandosi a tratti con la sorella Helene, come nell'epica e maestosa “
Herr Peder Och Hans Syster” o in "
Dimmornas Drottning", tra tutte forse la canzone che più è accostabile agli ultimi lavori degli svedesi.
L'album è in senso assoluto pervaso da una componente folk decisamente più marcata rispetto al passato, grazie soprattutto al vasto ma sapiente uso degli archi e degli strumenti a fiato, come nella splendida strumentale “
Eklundapolskan”, dove è il violino a rubare decisamente la scena. Nonostante questo, non mancano i momenti più puramente metal, con gli ex Mitothyn
Weinerhall e
Karlsson sugli scudi, in particolare nel solito drumming a doppio pedale spianato del secondo, che apre il disco con “
Svarta Ankan”, lo puntella su "
Griftefrid" e spazza via l'iniziale violino in “
Fru Silfver”, a parere di chi scrive la canzone migliore del disco, dove tra l'altro troviamo un grandioso assolo di Weinerhall e la solita, maiuscola prova dell'ormai sovraesposto Blad.
Insomma, la scelta di cantare un album interamente in svedese è stata sicuramente azzardata e coraggiosa da parte dei Falconer, ma la qualità globale delle composizioni (il songwriting di Weinerhall ha ormai raggiunto livelli davvero eccelsi) e soprattutto la prestazione di Blad dietro il microfono ci permettono tranquillamente di abbattere la barriera linguistica e goderci un album di power/folk coi fiocchi, che potete starne certi girerà nei nostri stereo per un bel po.
Quoth the Raven, Nevermore..