Inizierei questa recensione con una considerazione: questo disco penso sia quanto di più coraggioso sia mai stato pubblicato da una metal band. Poi, può piacere o meno (a me è piaciuto molto), ma ciò non toglie che i
My Dying Bride hanno optato per una scelta al tempo stesso rischiosa e affascinante per festeggiare il loro ventennale di carriera. Cos’hanno combinato i nostri? Semplicemente hanno spogliato la loro musica delle chitarre, del growl, del basso e della batteria, e le hanno cucito addosso un vestito nuovo di zecca fatto solo di voce (la mezzosoprano francese Lucie Roche), di archi, di tastiere e pianoforte, suonate da Johnny Maudling dei Bal Sagoth, e della voce narrante di Aaron, che in questo disco interviene di tanto in tanto con delle frasi recitate, vestendo a sua volta abiti nuovi, più da poeta che da cantante. Inquadrata l’impostazione di quest’opera, devo necessariamente aggiungere che l’ascolto di “Evinta” non è affatto facile, e non è affatto per tutti. Brani lunghissimi si snodano lenti e sulfurei, costruendo delle atmosfere ancora più rarefatte del solito per gli inglesi, con partiture, per quanto possibile, ancora più lente e lugubri delle originali. Una scelta del genere poteva essere fatta solo da veterani della scena doom quali i My Dying Bride sono, solo da una band che non ha mai tradito sé stessa, con una carriera invidiabile e coerente, pur se con qualche inevitabile alto e basso. E per sottolineare ulteriormente il loro disinteresse per i dati di vendita, a favore di una scelta più artistica che commerciale, oltre ad aver evitato la solita e squallida compilation con i loro brani migliori, i nostri hanno deciso di rimettersi in gioco per l’ennesima volta, e oltretutto hanno pubblicato l’album su un doppio cd, che diventa addirittura triplo nella deluxe edition. Andando più nello specifico dell’opera, dando un’occhiata ai titoli dei brani si può avere l’impressione di avere a che fare con degli inediti. In parte è vero, visto che gli arrangiamenti proposti hanno reso vecchie e note melodie della band dei veri e propri nuovi brani, con le rielaborazioni sinfoniche (e spesso ai limiti dell’ambient più oscuro) a cui accennavo prima, mescolate a melodie nuove inserite con maestria in quelle già esistenti. E poco importa se, come già detto, non c’è la benché minima traccia di metal in questi riarrangiamenti, visto che il trademark della band è assolutamente riconoscibile. Un’ennesima dimostrazione, quindi, del valore e della superiorità dei My Dying Bride rispetto al resto dei gruppi pseudo gothic in giro per la scena. Un esperimento, perché tale bisogna considerarlo, sicuramente riuscito. Orchestrato talmente con maestria che è ovviamente impossibile individuare un brano che spicchi sugli altri. L’opera, pur se lunghissima ed ostica, va ascoltata nella sua interezza, immergendosi per 87 minuti (e più di due ore se avete il triplo cd) in una dimensione eterea, quasi irreale. Per amanti della musica con la M maiuscola, che non si fermano a preconcetti e che sanno andare oltre il metal. Se amate band come Elend, Raison d’etre e soprattutto se avete capito il vero spirito che da sempre anima la band di Aaron ed Andy, allora poterete apprezzare sicuramente “Evinta”, altrimenti aspettate il prossimo full length di inediti.
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