Se il debut del 2009 “From the womb to the tomb” vi aveva fatto sobbalzare violentemente sulla sedia procurandovi seri danni alle vertebre cervicali, allora sarete felici di sapere che il tempo trascorso nell’attesa di “Deceased to exist” non è stato sprecato.
Gli svedesi
Maim confermano di essere una fra le migliori band in circolazione fra quelle che si rifanno alla scena di inizio anni 90 e lo fanno dando alle stampe, tramite la Soulseller Records, un album efficace ed esplosivo che continuerà a fare la felicità di chi ama i classici dello swedish death metal.
Chi credeva che il successo del debut fosse legato ad una effimera “operazione nostalgia”, dovrà ricredersi perché i Nostri hanno ancora munizioni da sparare in nome del death più oltranzista e poco importa davvero se l’originalità è stata immolata all’altare dei Sunlight Studio e di Tomas Skogsberg nell’anno di grazia 1989.
Il quartetto svedese continua a divertirsi nel suonare old school, oscillando fra citazioni a Nihilist/Entombed (ammetto che ad un certo punto mi aspettavo che il singer Rikard Ottoson si mettesse ad urlare “but life goes on” fra un verso e l’altro…), Autopsy e Carnage in maniera fresca e mai grottesca, forti di una discreta abilità tecnica che molti cloni adoratori di L.G. Petrov & Co non posseggono.
Non mancano in “Deceased to exist” gli episodi veloci come l’opener “Gravedigger sacrifice” o “Purged through napalm”, quelli dal mood più orrorifico (come la parte finale di “Morbid desecration”) ed il brano doom inspired (“Crematory”, che nei fatti costituisce uno spartiacque nella tracklist) che contribuiscono a variare non poco il contenuto del dischetto ottico, rendendolo il più completo possibile.
“Deceased to exist” trasmette una piacevole attitudine genuina, una dedizione autentica al genere distante dai modelli artefatti e senza energia di chi pensa solo a cavalcare l’onda della moda di turno.
L’unico appunto che mi sento di fare è alla copertina, invero bruttina e anonima, che non rende per nulla giustizia alle dieci tracce di “Deceased to exist”.
Per il resto…da ascoltare con cura!