La storia di
Gary John Barden nel mondo dell’hard rock è così lunga che se iniziassi a raccontarla finirei domani mattina, quindi lascerò a voi la scoperta di tutte le collaborazioni e le perle lasciate qua e là in tanti anni di carriera e mi limiterò a parlarvi di questo ottimo disco. Il quarto album solista prosegue, sulla falsariga dei precedenti, la proposizione di un hard rock puro e sincero, con tantissime influenze (
Deep Purple, Kiss, Whitensnake, Cooper, Motley Crue, ZZ Top) che lo riempiono di ingredienti diversi ma estremamente piacevoli.
Si va così dai confini del classic metal (come per l’opener
Baghdad o per
Before The Eyes Of The World) alle aperture rock and roll (
Don’t Take Me For A Loser, Child Of Sorrow), spaziando senza paura per l’hard blues di
Blackmail, l’AOR di
What You Wanna Do e
Shine A Light On Me o il pomposo hard rock di
We Are Dead, All In e
Fallen By The Wayside. In tutto ciò, lo stampino del buon Gary è sempre assolutamente riconoscibile e la maestria di
Michael Voss aggiunge valore strumentale estremo a
Eleventh Hour.
Sicuramente ci sono 3/4 filler che abbassano il voto di almeno un punto. Tuttavia, se siete amanti di certe sonorità e in particolare di quello che già è stato fatto tra la metà degli anni ’70 e degli anni ’80, questo è un album che non può deludere. Magari non durerà mesi e mesi nello stereo, ma è un buonissimo lavoro da promuovere a pieni voti.
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