Undici piccole perle melodiche a simboleggiare undici caratteristiche di un personaggio unico come
Marilyn Monroe.
E’ così che i
Saracen ritornano sul mercato dopo l’ottimo
Vox In Excelso del 2006, dimostrando ancora una volta una classe cristallina e un gusto per i concept album estremamente raffinato. Ad impreziosire il tutto, la partecipazione al progetto di singer di livello assoluto come
Robin Beck,
Steve Overland e la giovane promessa del rock melodico
Issa.
Si parte con la strumentale ouverture
The Girl: Norma Jeane, in cui già il sax di Snake Davis si esprime in tutta la sua grande intensità, accanto al pregevolissimo lavoro alle tastiere di Paul Bradder.
The Orphan: Wither the Wind Blows, semi ballad elettrica di grande atmosfera e la successiva
The Dreamer: Hold On, in cui Issa si prende il ruolo di protagonista insieme al sax e alle chitarre acustiche, non sono altro che un ottimo antipasto per le golosità che seguiranno.
La prima dose di Robin Beck è già devastante: il classico hard rock di
The Model: Make This Body Work, con il suo ritornello da dieci e lode e il duetto con Overland in
The Actress: Who Am I?, pezzo che passa con disinvoltura da un pieno stile “musical” a un rock and roll diretto e gradevole, segnano indelebilmente il disco iniziando a portare in alto il voto.
Il lento blues di
The Wife: Love Like A Razorblade è una piacevolissima pausa di riflessione prima del riffing saltellante di
The Patient: Break the Spell, che ancora una volta ci mostra l’anima più hard rock della band, prima che
The Mistress: Not For Sure regali un altro sussulto incredibile, grazie a una Robin Beck sugli scudi in una bomba melodica di livello assoluto.
E se fin qui non fosse bastato la splendida Robin, intervallata dall’incedere molto vicino al prog metal di
The Witness: Unfinished Life, finisce per esagerare: il rhythm & blues di
The Forsaken: Feel Like Going Home credo sia una delle cose più emozionanti che ho sentito negli ultimi anni, mentre la finale
The Woman: Marilyn ci riporta in territori AOR con un ritornello immediato e subdolo, fatto apposta per infilarsi nella testa ed essere canticchiato a ripetizione.
Critiche particolari non ne ho, perché questo è davvero un ottimo disco sotto tutti i punti di vista: songwriting, esecuzione, produzione. L’unica cosa su cui si possono fare due chiacchere sono i cantanti. Robin Beck è mostruosa: perfetta, intensa, espressiva, commovente…insomma…fate voi, io ho finito gli aggettivi. Steve Overland, nel poco spazio a disposizione, riesce comunque a dimostrare quanto vale. Issa si esprime (ovviamente) con la sua solita voce: ineccepibile tecnicamente, ma secondo me dal timbro troppo infantile per risultare veramente efficace, soprattutto di fianco a tali mostri sacri. Anche Steve Bettney soffre un po’ la presenza di cotanto talento, ma riesce comunque a non sfigurare offrendo una prestazione più che sufficiente.
Direi che non sono necessarie altre parole. Cosa c’è qui dentro l’avete letto: se gli ingredienti sono di vostro gradimento l’acquisto è vivamente consigliato!
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