Quando metti assieme 4 musicisti di grosso calibro che non hanno mai lavorato tra di loro, le opzioni sono due: o ne esce un capolavoro o una cagata pazzesca, per citare il Ragionier Fantozzi. Nel caso degli
Holy Force i musicisti sono davvero di altissimo valore e il prodotto finale rispecchia in pieno questo fattore, risultando un album completo e senza sbavature.
Gli
Holy Force vengono creati, nel vero senso della parola, nel 2011 dal chitarrista taiwanese
Ango Chen, sconosciuto ai più ma vero padrone del suo strumento, dimostrandosi una piacevolissima novità in ambito heavy metal, grazie a una tecnica sopraffina che gli permette di suonare la chitarra in maniera davvero eccellente, pescando un po' dal power e un po' dal neoclassico à-la-Malmsteen.
Ango sceglie di affiancarsi a veri mostri sacri della scena metal mondiale, portando sotto la sua ala
Mike LePond dei Symphony X al basso, l'ex-Manowar
Rhino e soprattutto
Mike Boals, del quale citare le collaborazioni sarebbe inutile e decisamente prolisso.
Il risultato, come già espresso in fase di introduzione, è un disco di power classico con influenze prog e neoclassiche di notevole fattura, complice appunto l'innegabile qualità dei musicisti. Sarò di parte, ma è impossibile non commentare la prova maestosa di
Mark Boals dietro il microfono, in grado con la sua voce di caratterizzare anche le canzoni un po' più piatte del lotto. Mark con il suo carisma e la sua ugola riesce a renderle uniche e ancor più apprezzabili, confermandosi ancora una volta come una delle voci più belle (e a mio parere sottovalutate) in ambito metal. Basta dare un ascolto alla quarta traccia, "
Seasons", nella quale Boals ci regala tutto il suo enorme bagaglio tecnico, sfoderando una prestazione da brividi lungo tutti i 5 minuti che compongono la canzone.
Gli altri brani viaggiano tutti bene o male sulle stesse coordinate, ben supportate dalla chitarra di Chen e dalla sezione ritmica curatissima di LePond e di Rhino, il quale offre una grande prova dietro le pelli, rinfrescando i tempi di "The Triumph of Steel" e facendoci domandare dove fosse sparito in questi 20 lunghi anni.
In conclusione un album solido e decisamente piacevole, con la speranza che questo "
Holy Force" non sia solo un progetto estemporaneo di uno sconosciuto chitarrista taiwanese ma possa diventare una bella realtà del metal del nuovo millennio.
Quoth the Raven, Nevermore..
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