God Bless America
Generation Kill è il nome di un libro del 2004 riguardanti le esperienze di un reporter di Rolling Stone affiancato ad un battaglione dei marines durante i primi mesi in Iraq nel 2003. A questo libro si è ispirata una serie TV omonima del 2008, alla quale si sono ispirati i Nostri per la scelta del monicker e del titolo dell'album, chiaro riferimento alla bandiera americana e più in generale alla politica guerrafondaia degli USA.
Dietro i
Generation Kill si celano 5 omoni grandi e grossi, di quelli insomma che non vorreste mai trovarvi accanto in un pisciatoio di autogrill. Uno di questi non è nient'altro che
Rob Dukes, vocalist degli
Exodus, che ha unito le sue forze, tra gli altri, con ex membri di
Pro-Pain e
Mutilation. Il risultato è un gruppo dedito a un thrash metal di scuola americana, fortemente spruzzato di venature crossover e punk, alla
Biohazard o alla
Suicidal Tendencies tanto per intenderci, tolti gli skateboard.
Gli argomenti trattati dalla band, come chiaro dalla genesi del monicker, sono fortemente orientato a un sentimento di critica al governo, in particolare alle operazioni di guerra nel Medio Oriente, come evidenziato anche dai titoli di parecchie canzoni.
Canzoni che come già detto si radicano nel thrash più puro, basta sentire l'opener "
Hate" o la mediana "
Walking Dead" per rendersene conto, con la voce graffiante di Dukes a farla da padrona abilmente appoggiata da una sezione strumentale a tratti devastante, a tratti solo confusionaria.
Non mancano come già detto elementi di punk-hardcore, udibili in precedenza già nell'opener, ma che spiccano in particolare in "
Depraved Indifference" e ovviamente nella conclusiva cover di "
Wish" dei Nine Inch Nails, e momenti più riflessivi (sempre se di riflessione si può parlare) quali "
Self Meditating" e "
Dark Days", dove addirittura Dukes si avventura nel cantato pulito, cosa che gli riesce tra l'altro discretamente bene.
Un album che non inventa nulla ma che nemmeno si pone l'obiettivo di farlo, puntando forse più sul lato politico della questione che su quello musicale, dove regna un po' di confusione tra un approccio puramente thrash e uno più melodico, che sembrano non trovare mai il giusto equilibrio, arrivando troppo spesso a fare a botte tra di loro, contrariamente allo spirito pacifista del disco. In attesa del secondo album, una sufficienza stiracchiata per Dukes e soci.
Quoth the Raven, Nevermore..