E così, piano piano, cazzi cazzi, anche i
Warbringer sono arrivati al loro terzo album in studio. Si dice in genere che il terzo lavoro di una band sia quello della maturità, una sorta di giro di boa per tastare le reali capacità di un combo, quindi anche per gli americani è arrivato il momento della verità. Com’è questo “Worlds torn asunder”? I nostri hanno passato l’esame? Sì e no… Nel senso che il nuovo album non è né brutto né bello, si assesta per tutta la sua durata sulla piena sufficienza ma non ha picchi, né cali particolari. Insomma, un lavoro abbastanza anonimo che nulla toglie e nulla aggiunge a quanto fatto fin’ora dai nostri. Certo il piglio c’è, le canzoni picchiano giù duro, ma manca quel qualcosa in più che dovrebbe fare la differenza. E a questo punto effettivamente la domanda sorge spontanea, e cioè: cosa c’è di veramente valido in tutte queste milionate di nuove e giovani band del tanto osannato thrash revival? I loro album sono davvero in grado di raccogliere l’eredità dei vecchi capolavori degli anni ’80? Personalmente rispondo di no, ma, a quanto pare, alle nuove leve piacciono, e anche parecchio. Io ritengo che non basta andare a mille all’ora e martoriare la chitarra per far sì che il risultato lasci sgomenti, c’è bisogno di molto di più. C’è bisogno di vocals che colpiscano, di riff che abbiano un perché, di refrain che ti si piazzano in testa… in poche parole c’è bisogno di personalità, e, non me ne vogliano i fans, i Warbringer, come moltissime altre band a loro affini, non ne hanno poi così tanta. Sono dei semplici mestieranti, gente che sa suonare, e che riesce a riproporre alquanto bene le sonorità che furono, ma poi tutto finisce lì, non potranno mai competere con i grandi nomi, che, per quanto possano vacillare oggi come oggi, riescono comunque a spazzare via la concorrenza con pochi riff. Si ok, scapoccerete per tutta la durata del disco, ma vi assicuro che alla fine non vi resterà nulla, non un solo riff o una sola linea vocale. E sono sicuro che tra qualche tempo l’album non lo ascolterete proprio più, sostituito dalla nuova uscita di chissà quale nuova band dedita alla riscoperta e alla rivalutazione della famosa scena. Bah, io sinceramente ne ho le palle piene, e torno ad ascoltarmi i miei cari e vecchi e vetusti LP… Per dovere di cronaca, comunque, vi segnalo quei brani che più di altri potrebbero colpirvi. Ecco quindi che alla buona opener “Living weapon” si vanno ad affiancare le più violente “Treacherous tongue” e “Enemies of the state” e la più variegata “Future ages gone”. Niente di che ovviamente, pura palestra per i nostri, ma perlomeno hanno qualcosa in più degli altri brani. E non bastano un paio di arpeggi in apertura a “Behind the veils of night” e “Echoes from the void” per risollevare le sorti di un album sì carino, ma che ti lascia con l’amaro in bocca, e che se fosse uscito negli anni d’oro del thrash non si sarebbe filato nessuno, salvo poi riscoprirlo ed osannarlo 25 anni dopo, come sta succedendo oggi per molti dischi obiettivamente brutti ma che ora fa figo esaltare. “Worlds torn asunder”, un disco carino, per certi versi anche divertente, ma riservato ai thrash maniacs o ai giovanissimi…
Non è ancora stata scritta un'opinione per quest'album! Vuoi essere il primo?
Non è ancora stato scritto nessun commento per quest'album! Vuoi essere il primo?